Nazismo e benzina sintetica

27/02/11

27/02/11


Quando l'Italia invade l'Etiopia, sul finire del 1935, l'Inghilterra chiede, tra le varie sanzioni decise dalla Società delle Nazioni (futura O.N.U.), un embargo petrolifero. È solo grazie al Primo ministro francese Pierre Laval, che sperava di avere Mussolini come alleato contro il riarmo tedesco, che il provvedimento non venne attuato. Riporta infatti lo storico del fascismo Renzo De Felice che il Capo del governo italiano confidò ad Hitler: "Se la Lega delle Nazioni avesse seguito il consiglio di Eden [ministro degli Esteri inglese che spingeva per questo embargo, nda] ed esteso al petrolio le sanzioni contro l'Italia, nello spazio di otto giorni avrei dovuto battere in ritirata. Sarebbe stata per me un'indicibile catastrofe."

Pochi mesi dopo, ossia nel febbraio 1936, Adolf Hitler annuncia al Salone dell'Automobile di Berlino che la produzione industriale di benzina sintetica per la Germania non era più un progetto, ma era diventata realtà.


L'idrogenazione del carbone

La benzina sintetica non è altro che l'ingegnoso sistema che avrebbe permesso alla Germania di continuare a correre anche nel caso in cui la Società delle Nazioni avesse applicato l'embargo sul petrolio, come avrebbe potuto fare con l'Italia nel '35.

Il rapporto tra idrogeno e carbonio nel carbone è di 0.8 a 1, mentre nel petrolio di 1.75 a 1. Da qui parte l'intuizione del chimico Karl Friedrich Bergius (1884-1949) che già nel 1908 lavorava con Fritz Haber (1868-1934) alla sintesi dell'ammoniaca con le alte pressioni (brevetto poi acquistato dalla BASF). Un anno dopo la fine dei lavori alla Technische Hochschule di Karlsruhe con Haber, apre un laboratorio di ricerca ad Hannover in cui lavora con i combustibili. È del 1913 il suo brevetto sulla produzione di oli combustibili partendo dal carbone utilizzando la tecnologia delle alte pressioni e delle alte temperature. La scoperta che sta alla base della sintesi di questi oli è la stessa che porterà alla sintesi della benzina sintetica: le complesse molecole possono essere ridotte a semplici molecole grazie al calore. Contemporaneamente era possibile creare nuove molecole aggiungendo dell'idrogeno (processo appunto detto idrogenazione) spruzzando vapore acqueo direttamente sul carbone rovente.


Carl Bosch e la I.G. Farben

Uscita sconfitta dalla Prima Guerra Mondiale, l'industria chimica tedesca deve trovare il modo di rialzarsi e tornare a competere con i rivali europei. Ecco che nel 1925 la Hoechst, l'AGFA e la Bayer entrano nella BASF (Badische Anilin und Soda Fabrik), trasformandola così in un unico colosso della chimica: l'Interessengemeinschaft Farbenindustrie Aktiengesellschaft, ossia l'I.G. Farben AG (famosa per la produzione, a partire dal 1941, del gas Zyklon B dei campi di sterminio nazisti). Un anno dopo la I.G. Farben acquista anche l'azienda di Bergius, la Erdölverwertungs Gmbh.

Non potendo più affidarsi alla produzione di esplosivi, quale migliore occasione poteva sfruttare se non quella data dalla benzina sintetica? Carl Bosch (1874-1940), a capo del CdA BASF e già responsabile per la costruzione degli impianti per la produzione in laboratorio di ammoniaca, avvia la produzione di benzina sintetica su scala industriale.

La materia prima di certo non mancava. Basti pensare che nel quinquennio precedente la Prima Guerra Mondiale la Germania estraeva dalle sue miniere quasi 250 milioni di tonnellate di carbone e lignite all'anno (Gran Bretagna 270, Francia 37, Italia 700 mila tonnellate). Dal 1925 al 1929 la produzione saliva a 316 tonnellate (GB 225, Francia 52, Italia 1), mentre dal '35 al '39 era di 334 tonnellate (GB 233, Francia 47, Italia 2).


Le compagnie petrolifere non restano immobili

Otto anni prima dell'annuncio di Hitler al Salone dell'Automobile di Berlino, si incontrano in Scozia i capi della anglo-olandese Royal Dutch Shell, della Anglo-Persiana (oggi British Petroleum) e Walter Clark Teagle, presidente della Standard Oil of New Jersey (che divenne poi Exxon). Il tema principale dell'incontro era la fissazione dei prezzi del petrolio nel Persico, ma si parlò anche dell'idrogenazione del carbone.


Nel 1927 la Standard Oil si era accordata con la I.G. Farben per costringere la Royal Dutch Shell ad essere più ragionevole sui prezzi del greggio. Con questo accordo la compagnia americana finanzia di fatto l'industria tedesca ed ottiene l'80% delle azioni della nuova Standard-I.G., mentre il colosso di Francoforte il 20%.

Anche la Royal Dutch Shell partecipa al supporto dell'industria tedesca, in quanto deteneva per il 25% la proprietà della Deutsche Gasoline, la compagnia nazionale petrolifera (il 45% era della I.G. Farben mentre un altro 25% degli americani).

A questo seguirono altri due accordi: uno del 1929 in cui la Standard Oil riconosceva una posizione preferenziale alla I.G. Farben nella chimica, mentre quest'ultima ne riconosceva una nel petrolio e nel gas naturale alla compagnia fondata da Davison Rockefeller; un altro nel 1930 in cui i due colossi crearono la JASCO (Joint American Study Company), società che si occupava soprattutto della gomma sintetica.


L'imperialismo britannico segue quello tedesco

Nelle tabelle realizzate da Carlo Maria Cipolla nel suo libro Storia economica d'Europa, del 1976, possiamo vedere come anche la Gran Bretagna fosse ricca di carbone (dal 1925 al 1929 estraeva circa 225 milioni di tonnellate medie annue). Accortasi di essere vulnerabile nelle forniture di materie prime durante il Primo Conflitto Mondiale, specialmente nell'importazione di petrolio, nel 1921 invitò il tedesco Karl Bergius, che espose al governo inglese il suo processo produttivo.

Quattro anni dopo il comitato della Difesa imperiale scelse la Imperial Chemical Industry (ICI) come compagnia più adatta all'idrogenazione del carbone, in quanto aveva eccedenze di idrogeno prodotte dalla sintesi dell'ammoniaca. La ICI chiese aiuti economici al governo per la produzione di 10 tonnellate di benzina sintetica al giorno.

Sebbene da un lato questa compagnia britannica voleva sedersi al tavolo degli affari insieme a Royal Dutch, Standard Oil e I.G. Farben, dall'altro era frenata dall'americana DuPont, industria chimica dedita alla produzione di gomma sintetica. Nonostante questo, La ICI trova un compromesso con la DuPont e nel 1931, insieme a Royal Dutch Shell e Standard-I.G., firma l'International Hydrogenation Patents Agreement: aveva così anch'essa un artiglio sul controllo dei brevetti sull'idrogenazione.


Il Terzo Reich

La crisi del 1929 fa crollare il prezzo del petrolio e con esso si ha un calo produttivo anche della benzina sintetica. Sarà grazie alla Seconda Guerra Mondiale che questa produzione decollerà in Germania. Gli accordi trasversali tra le compagnie delle varie potenze (che si troveranno su opposti fronti durante lo scontro armato) hanno giocato un ruolo chiave nel rafforzamento dell'industria tedesca e nell'ascesa del nazismo.

Giunto al potere, Hitler lancia la motorizzazione in tutto il Paese e avvia la costruzione delle autostrade. La I.G. Farben comincia la produzione della benzina sintetica nell'impianto di Leuna nel 1927. Il responsabile della ricerca della Standard Oil, Frank Howard, visitò questo impianto e scrisse al suo presidente Walter Teagle: "È la questione più importante affrontata dalla compagnia dal momento dello smembramento. Significa assolutamente l'indipendenza dell'Europa dai rifornimenti di benzina". Teagle andò a controllare di persona e scrisse quindi a Carl Bosch: "Non sapevo che cosa fosse la ricerca finché non l'ho visto con i miei occhi. In confronto, noi siamo allo stato infantile".

La Standard Oil acquistò i diritti del brevetto fuori dalla Germania in cambio della cessione alla I.G. Farben del 2% del suo capitale, e cooperò con essa fino al 1941, cosa che le costò l'accusa di tradimento da parte del presidente USA Harry Truman. Senza il nazismo e i contratti della Luftwaffe, Leuna avrebbe chiuso i battenti perché il costo della benzina sintetica era dieci volte quello del petrolio d'importazione. Quando invase la Polonia, la Germania disponeva di 14 impianti di idrogenazione che garantivano il 46% del suo carburante ed il 95% di quello utile all'aviazione.

Possiamo quindi dire che la guerra aerea tedesca si resse sull'idrogenazione del carbone. Nella guerra lampo ebbe un forte peso la carenza dei carburanti: la benzina industriale poteva sostenere una guerra breve, non una lunga guerra d'attrito. La cattura dei pozzi petroliferi di Baku e del Caucaso fu di fondamentale importanza nell'attuazione dell'invasione della Russia. Mettere le mani sul Caucaso, inoltre, poteva essere un mezzo per stroncare la resistenza russa e per incoraggiare la ribellione dell'Iran contro l'Inghilterra. Il flop della campagna di Russia fece accelerare la produzione dei carburanti sintetici: dai 72.000 barili al giorno si passò a 124.000; nel complesso della guerra, essi rappresentarono la metà della produzione petrolifera tedesca.