Curiosità scientifiche: la lampadina

06/05/14

06/05/14


Nel giro di tre anni l'Unione Europea ha legiferato sulle lampadine a incandescenza definendo gli estremi per la cessazione dalla produzione: dopo due secoli di distanza dall'invenzione della prima lampada ad arco ad opera del chimico inglese Humphry Davy (1778-1829), nel settembre del 2012 l'Europa pone la parola "fine" alla produzione di qualsiasi lampadina a incandescenza per lasciare posto a quelle a basso consumo, ai LED e alle alogene.

Riportiamo di seguito le curiosità sul mondo delle lampadine tratte dal libro di Piero Bianucci Le Macchine Invisibili.

Ad eccezione delle immagini, dei link e della grassettatura da me aggiunta, questo articolo è preso nella sua interezza (e fedelmente) dal libro Le Macchine Invisibili, Longanesi 2009, ben fatto e consigliatissimo. Si ringraziano l'autore e l'editore per la gentile concessione della riproduzione.

L'illuminazione pubblica e privata ha poco più di due secoli. Nasce il 28 settembre 1799 quando il chimico francese Philippe Lebon (1767-1804) brevetta una lampada battezzata Thermolamp che brucia gas prodotto distillando carbone. Ma il governo parigino si dimostra insensibile all'illuminazione pubblica e l'invenzione non ha successo. Il povero Lebon finirà assassinato in circostanze misteriose.

Il gas illuminante si afferma in Inghilterra, dove lo fa conoscere Frederick Albert Winsor (1763-1830), un commerciante di origine tedesca che inventerà anche il fornello a gas. Grazie a un finanziamento di Watt, nel 1806 sorge a Londra la National Light and Heat Company, la prima azienda che abbia fornito ai propri clienti luce e riscaldamento a gas. I lampioni a gas resisteranno per un secolo, fino all'illuminazione elettrica, e lasceranno una traccia romantica in uno dei più bei film di Charlie Chaplin.


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A contendersi l'invenzione della lampada [NdA: oltre a Thomas Alva Edison (1847-1931)] ci sono anche l'inglese Joseph Swan e l'italiano Alessandro Cruto, nato nel 1847 come Edison (e Galileo Ferraris). Entrambi hanno in mano buone carte per affermare la loro priorità. Ma è giusto ricordare anche Davy (ancora lui), che aveva ideato l'arco voltaico, il francese Jobart, che nel 1838 aveva sperimentato una lampadina ad arco voltaico mettendo due barrette di carbone in un contenitore di vetro sotto vuoto, il russo Pavel Jablochov, che usò lo stesso sistema per illuminare la linea ferroviaria Mosca-Kursk e alcuni edifici pubblici, lo statunitense W. E. Staite, che nel 1845 brevettò in Inghilterra una lampadina a filamento di platino, l'inglese E. C. Sheferd, che nel 1850 perfezionò il filamento di platino, il russo Alexsandr Lodighin, che nel 1868 illuminò con duecento lampade l'arsenale di San Pietroburgo.

Lampadina a incandescenza: l'effetto Joule

Il principio di funzionamento della lampadina a incandescenza è l'"effetto Joule", dal nome del fisico inglese James Prescott Joule (1818-1889) che lo scoprì e lo tradusse in una formula. Consiste nella dissipazione di energia elettrica sotto forma di energia termica. La formula permette di calcolare la quantità di calore prodotta moltiplicando la tensione per l'intensità della corrente circolante, per il tempo, e per un coefficiente di proporzionalità.

Possiamo immaginare l'elettricità come un flusso di particelle cariche, gli elettroni. Il flusso incontra tanta più resistenza quanto più piccolo è il conduttore nel quale scorre (e in realtà non scorre dentro ma sulla superficie del cavo: e questo è l'"effetto pelle"). Come una folla fatica a transitare in un corridoio stretto e nel tentativo di passare le persone si urtano tra loro, così fanno gli elettroni spostandosi tra gli atomi da un capo all'altro del conduttore. Gli urti sviluppano calore e il cavo si riscalda. Oltre una certa temperatura, qualche centinaio di gradi centigradi, il conduttore incomincia a emettere luce rossastra. A temperatura ancora più alta, qualche migliaio di gradi, la luce diventa bianca (il famoso "calor bianco"). [...]


La lampadina di Cruto

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Cruto nasce a Piossasco, nella cintura torinese, esattamente 35 giorni dopo Edison. Purtroppo non gli basterà tutta la vita per recuperare questo piccolo ritardo: Edison accende la sua lampadina il 21 ottobre 1879, Cruto quattro mesi dopo, il 4 marzo 1880. [...] Se poi si vuole sottilizzare sulle date, allora va detto che Joseph Swan già il 18 dicembre 1878 aveva presentato alla Chemical Society di Newcastle una sua lampada a filamento di carbone: il calendario stabilisce al di sopra di ogni dubbio che l'inventore della lampadina è Swan.

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Cruto non riuscì a fabbricare diamanti artificiali ma mise a frutto ciò che nei suoi tentativi aveva imparato. Su un filamento di platino del diametro di un centesimo di millimetro reso incandescente dal passaggio della corrente elettrica, fece depositare uno strato di carbonio. L'operazione avveniva in un recipiente di vetro pieno di gas contenente, appunto, anche il carbonio. Il platino veniva poi vaporizzato aumentandone ulteriormente la temperatura: rimaneva così un tubicino di carbonio, che Cruto utilizzò come filamento della sua lampadina. Il vuoto pneumatico nell'ampolla di vetro migliorava in modo sostanziale la durata del filamento: Cruto curò molto questo particolare procurandosi le migliori pompe pneumatiche dell'epoca. La vita delle lampadine verrà poi allungata mettendo nel bulbo dell'argon, un gas che costituisce l'uno per cento dell'atmosfera terrestre. [...]

La lampadina di Edison

Edison incominciò a pensare alla luce elettrica a incandescenza nella primavera del 1878. Aveva 31 anni ed era un inventore affermato. Dal suo laboratorio era già uscito il fonografo, che nelle sue intenzioni doveva  servire per dettare più rapidamente lettere di lavoro alle segretarie. A suggerirgli la lampadina a incandescenza fu un amico docente universitario, George Barker. Edison giurò che entro sei settimane avrebbe portato la luce nelle case degli americani.

Bisognava risolvere due problemi: una rete elettrica dedicata alla illuminazione e un filamento che resistesse a una temperatura molto alta. Al primo problema trovò presto soluzione: immaginò tante lampadine collegate in parallelo, ciascuna indipendente dalle altre grazie a un proprio interruttore; se una si fosse fulminata, le altre avrebbero continuato a brillare. Il secondo problema si rivelò più ostico. I filamenti splendevano per pochi istanti, poi bruciavano in una nuvoletta di fumo. Hermann Sprengel (1834-1906) aveva inventato una pompa pneumatica che lasciava solo una parte su un milione di ossigeno. Le ampolle sotto vuoto o piene di gas inerte evitavano la combustione del filamento ma non la fusione.

All'inizio Edison aveva sperato nel platino, metallo che ha il punto di fusione a 1772 °C. Ma, oltre a essere un elemento costoso, il platino si dimostrò inadeguato. Dopo aver provato 1600 materiali diversi, Edison approdò al carbonio, che fonde a 3500 °C. Edison poi calcolò che per ottenere la resistenza elettrica adeguata avrebbe dovuto fabbricare un filamento del diametro di 0,39 millimetri lungo 14,24 centimetri. Niente da fare. L'inventore però comprese che il carbonio avrebbe funzionato se avesse avuto una struttura fibrosa. Dopo aver messo alla prova fili di cotone carbonizzato, scelse le fibre del Madake, una varietà giapponese di bambù. La lampadina rimase accesa per 40 ore, durante le quali si dice che Edison non abbia mai staccato lo sguardo dal filamento. Peccato che dopo qualche decina di ore anche i filamenti di bambù andassero in fumo. Edison era testardo. "Non ho fallito", disse una volta, "ho solo trovato 1600 soluzioni che non funzionano".

Da sinistra a destra le lampadine di Cutro, di Swan e di Edison

Anche Swan aveva optato per un filo di carbonio, e naturalmente neppure lui ottenne risultati soddisfacenti. Della sua lampadina è rimasto (sempre meno usato) l'innesto a baionetta, detto appunto innesto Swan.

I primati di Cruto

Cruto sperimentò materiali non molto diversi da quelli dei rivali ma la sua tecnologia, almeno per un po' di anni, risultò la migliore sul mercato, e la Westinghouse preferì il suo brevetto a quello di Edison. Il quale tuttavia, grazie allo spirito di iniziativa e alla potenza del capitale americano, riuscirà a imporsi al mondo come l'inventore della lampadina mentre la fama di Cruto non andrà oltre Alpignano, dove aprì una fabbrica di lampadine, poi rilevata dalla Edison nel 1910 e infine, nel 1927, dalla Philips. Ci si può consolare ricordando che Cruto fu il primo a illuminare un treno in corsa (il Torino-Aosta), un battello (sul lago di Ginevra), un ospedale (a Le Havre) e una piazza: per la storia, nell'aprile 1884, piazza Carlo Felice di Torino, mentre Parigi arrivò otto mesi dopo con place de la Concorde.

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Arriva il tungsteno. E poi la lampada alogena

Riconosciuto il lavoro dei pionieri Swan, Edison, Cruto e compagni, bisogna tuttavia dire che il miglioramento decisivo della lampadina a incandescenza fu merito di William Coolidge (1873-1975), che nel 1903 al filamento di carbone sostituì quello di tungsteno, migliorando enormemente qualità, resa e durata. Le lampadine di Cruto fornivano 2 lumen per watt e duravano circa 500 ore, quelle attuali ne danno 13 e durano 2000 ore. Inoltre le lampadine di Cruto spandevano una luce rossastra perché il filamento raggiungeva soltanto i 1500 °C. Quelle moderne, con un filamento di tungsteno che raggiunge i 2500 °C, emettono una luce bianca molto più gradevole.

Rimaneva un problema: il filamento di tungsteno per effetto dell'alta temperatura lentamente evapora e i suoi atomi vanno a depositarsi sulle pareti interne del bulbo. Con il tempo questo fatto ha due conseguenze sgradevoli: il filamento si assottiglia diventando fragile, e il tungsteno evaporato sporca il vetro dell'ampolla rendendolo meno trasparente. A tutti sarà capitato di osservare la minutissima polverina che annerisce i bulbi delle lampade vecchie.

La soluzione è venuta con le lampade alogene. In esse il bulbo contiene una piccola quantità  di un gas alogeno, per esempio lo iodio (alogeno significa "generatore di sali"; sono alogeni gli elementi del gruppo VIIA del Sistema Periodico: fluoro, cloro, bromo, iodio e astato). Le reazioni chimiche tra il gas e il tungsteno riportano gli atomi evaporati di questo elemento verso il filamento, accrescendone la durata e conservando intatta la luminosità grazie all'eliminazione dei depositi di tungsteno sull'ampolla. Quest'ultima, molto più piccola, viene realizzata in quarzo per renderla più resistente al calore: così la lampada alogena fornisce una luce ancora più bianca e più intensa.