Curiosità scientifiche: l'orologio - Parte I

06/03/13

06/03/13


Curiosità sul mondo degli orologi tratte dal libro di Piero Bianucci Le Macchine Invisibili.

Ad eccezione delle immagini e della grassettatura da me aggiunta, questo articolo è preso nella sua interezza (e fedelmente) dal libro Le Macchine Invisibili, Longanesi 2009, ben fatto e consigliatissimo. Si ringraziano l'autore e l'editore per la gentile concessione della riproduzione.


Piccola storia del tempo

Il Sole, e quindi la meridiana, è il più antico orologio del mondo. Esistono decine di tipi di meridiane, ma tutte hanno una caratteristica affascinante: segnano esattamente l'ora solare del luogo dove si trovano. La loro lancetta è una linea d'ombra che si muove al passo del moto di rotazione e di rivoluzione della Terra, stabilendo un filo diretto tra l'universo e il tempo della nostra vita. Altrettanto simbolico è il fatto che l'ombra dei quadranti solari si sposti in direzione opposta a quella delle lancette degli orologi, a ricordarci che i moti celesti reali sono il contrario di quelli apparenti. Grande lezione di sano scetticismo.


Alle meridiane seguirono le clessidre, prima ad acqua, come dice il loro nome, poi a sabbia. Le migliori sbagliavano di alcuni minuti al giorno. Un grande passo avanti furono gli orologi meccanici azionati a pesi. Di solito il loro quadrante stava su torri o campanili: il tempo era un fatto pubblico, una convenzione sociale, e giustamente lo strumento che lo misurava apparteneva alla comunità. Il primo orologio da tasca si deve al fabbricante di chiavi tedesco Peter Henlein e risale al 1511. Funzionava a molla ma era molto impreciso perché non aveva ancora lo scappamento, inventato da Huygens un secolo e mezzo dopo. Per l'orologio da polso bisognerà aspettare il 1790: la paternità è dello svizzero Pierre Jaquet-Droz. Ormai il tempo era anche una proprietà privata, forse la più preziosa.

In fatto di precisione un progresso epocale si compie nel 1656, quando Christiaan Huygens applicò all'orologeria la scoperta dell'isosincronismo delle oscillazioni del pendolo fatta da Galilei mezzo secolo prima. Con l'orologio a pendolo, perfezionato dallo scappamento, lo scarto scese a una decina di secondi al giorno.

Per stabilire la longitudine, i naviganti avevano la necessità di conservare l'ora del porto di partenza in modo da poterla confrontare con l'ora locale. Beccheggio e rollio impedivano l'uso degli orologi a pendolo in mare. Il parlamento inglese mise in palio un premio favoloso, pari a 6 milioni di sterline attuali, per chi fosse riuscito a risolvere il problema. L'orologiaio John Harrison (1693-1776) riuscì nell'impresa costruendo un cronometro che scartava di un secondo ogni tre giorni ma solo dopo un lungo contenzioso e all'età di 79 anni poté incassare il premio per intercessione di re Giorgio III. Figlio di un falegname e campanaro del suo paese natale nello Yorkshire, Harrison costruì il suo primo orologio nel 1713 all'età di 20 anni. Era fatto interamente di legno. Seguirono gli orologi H1 nel 1735, H2, H3 e H4, completato nel 1759. Quest'ultimo superò la prova tenendo il tempo durante una navigazione da Londra alla Giamaica. Un successivo orologio iniziato da Harrison e completato da Kendall permise al capitano James Cook di portare a termine il suo viaggio di esplorazione intorno al mondo, durato tre anni, dal 1772 al 1775. Le innovazioni decisive furono una lega di ferro e ottone per compensare le dilatazioni dell'oscillatore, la carica a molla, lo scappamento passo-passo e la riduzione degli attriti ottenuta con una speciale lubrificazione.

All'inizio del Novecento, pendoli sofisticati a controllo elettrico sbagliavano di pochi secondi all'anno. Un ulteriore progresso arrivò nel 1921, quando l'inglese William Hamilton Shorrt ideò un orologio il cui pendolo era controllato da un altro pendolo. Si riuscì così a contenere l'errore in circa un secondo all'anno e si scoprirono le piccole irregolarità annuali della rotazione terrestre.

Il "doppio pendolo" di William Hamilton Shorrt

Poco dopo, nel 1929, fu inventato l'orologio al quarzo, nel quale a oscillare non è più il pendolo ma, appunto, un cristallo di quarzo, e l'errore si abbassò a un secondo ogni trent'anni. Pierre Curie aveva scoperto che i cristalli sotto l'azione di una corrente elettrica entrano in vibrazione (un aspetto dell'effetto piezoelettrico). Nel 1929 l'americano Warren Marrison applicò l'idea a un cristallo di quarzo, rilevando che le sue vibrazioni erano 32.768 al secondo. L'ingegnere svizzero Max Forrer sviluppò la tecnologia che ha portato a orologi al quarzo piccoli ed estremamente economici. I primi furono messi in commercio nell'aprile 1970. L'ingegnere di origine bulgara Peter Petroff (1919-2003), inventore tra i più prolifici e pioniere alla NASA delle telecomunicazioni spaziali, fu il padre del primo orologio a quadrante digitale: il Pulsar prodotto dalla Hamilton nel 1971 e venduto al prezzo non proprio popolare di 2100 dollari.

Il 1° marzo 1983 entrò in commercio lo Swatch, orologio al quarzo che rappresenta la risposta dell'orologeria svizzera all'invasione degli orologi supereconomici provenienti dal Giappone. Nove mesi dopo si vendeva il milionesimo esemplare. Concepito dall'ingegnere Elmar Mock e trasformato in business da Nicolas Hayek, un economista chiamato dalle banche svizzere al capezzale dell'orologeria svizzera ormai in coma, lo Swatch è fatto di sola plastica e punta sulla varietà del design, sul colore, sulla passione per il collezionismo. L'evoluzione continua. Nel 1994 compare il primo Swatch metallico. Due anni dopo uno Swatch vola nello spazio con l'astronauta svizzero Claude Nicollier. Nello stesso anno il marchio diventa il cronometro ufficiale delle Olimpiadi di Atlanta. Nel 2002 il Synchro Beat promette di misurare tramite un apposito chip la compatibilità tra le persone che lo indossano (peggio per chi ci crede). Nel 2006 uno Swatch rosa festeggia i 333 milioni di orologi prodotti. Del 2007 è il lancio dell'Irony Chrono Retrograde.


L'ora atomica

Un precedente storico dell'orologio atomico fu il sintetizzatore decadico costruito da Mario Boella nel 1943. Boella, poi docente al Politecnico di Torino e ora ricordato nel nome di un centro di ricerca torinese sulle telecomunicazioni, non pensava però alla possibilità di sfruttare le transizioni atomiche per inventare un nuovo tipo di orologio. A lui interessava generare frequenze stabili e confrontarle tra loro con estrema precisione. Il primo vero orologio atomico (ma sarebbe più giusto dire molecolare) fu costruito al National Institute of Standards and Technology degli Stati Uniti nel 1949. Il funzionamento si fondava sulla risonanza di una molecola di ammoniaca investita da microonde. A suggerire questa tecnica era stato il fisico Norman Ramsey, premiato con il Nobel nel 1989.

L'orologio atomico fu perfezionato nel 1955 in Gran Bretagna adottando come oscillatore l'atomo di cesio. Gli elettroni esterni di questo elemento si comportano come un minuscolo pendolo che compie 9 miliardi 192 milioni 631.770 oscillazioni al secondo. Altri atomi che si prestano a funzionare da oscillatori sono l'idrogeno (1.420.450.751 oscillazioni al secondo), il rubidio e il mercurio. Il rubidio oggi è utilizzato negli orologi atomici a bordo di satelliti tipo GPS. Il mercurio promette livelli di precisione ancora più alti degli elementi finora messi alla prova. Il cesio però si è imposto come standard. A suggerire l'uso di questo metallo fu il fisico statunitense Isidor Rabi. Le notevoli dimensioni dell'orbita più esterna degli elettroni rendono il cesio particolarmente adatto allo scopo.

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Funzionamento di un orologio atomico al cesio

Il comportamento del cesio si dimostrò così affidabile che nel 1967 l'unità di tempo, il secondo, fu definita appunto come «la durata di 9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra i due livelli iperfini dello stato fondamentale dell'atomo di cesio».

Fino al 1960 il secondo era stato la 86.400esima parte del giorno solare medio. Gli astronomi avevano poi convinto i metrologi a adottare un'altra defiinizione per tenere conto della precessione dell'asse di rotazione terrestre, e per un breve periodo era stato in voga il «tempo delle effemeridi», che definiva il secondo come la frazione 1/31.556.952,9747 dell'anno tropico il giorno 0 gennaio 1900 alle ore 12 (bizzarro modo astronomico per indicare il 31 dicembre 1899). Inutile dire che questa definizione si dimostrò quanto mai scomoda. Il secondo atomico fu quindi accolto con sollievo da tutte le persone di buon senso.

I progressi nella misura del tempo continuano benché i margini di miglioramento appaiano minimi. Nel 1999 gli orologi atomici a fontana di cesio hanno raggiunto la precisione di un secondo su 20 milioni di anni. Sull'ultima frontiera troviamo gli orologi a ioni di mercurio 199. Nel 2002 uno di questi ha ridotto l'errore a un secondo in 150 milioni di anni. In futuro, la loro qualità potrebbe risultare diecimila volte migliore di quella degli orologi al cesio: circa un minuto di scarto dal Big Bang a oggi.

Per secoli il moto di rotazione della Terra è stato il campione di tempo più affidabile. Ma alla fine dell'Ottocento, costruendo orologi sempre più precisi, ci si accorse che, a causa degli attriti di marea, il nostro pianeta perde giri. Cioè la sua rotazione rallenta, e i nostri giorni - impercettibilmente ma in modo ben misurabile - si allungano. Complessivamente, la durata del giorno aumenta di circa due millesimi di secondo per secolo, e le conseguenze, adesso che quasi tutti abbiamo al polso degli orologi digitali regolati da un cristallo di quarzo, si avvertono anche nella vita quotidiana. Per questo a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso ogni tanto si è dovuto aggiungere un secondo al tempo astronomico, e in totale si è arrivati a oltre mezzo minuto di correzione.


Scale di tempo

Oggi convivono tre scale di tempo: il «tempo universale astronomico», determinato in base alla rotazione della Terra rispetto alle stelle; il «tempo universale coordinato», che rispetto al tempo astronomico ha un margine di oscillazione in più o in meno di 9 decimi di secondo; e il «tempo atomico», scandito appunto dalla media dei migliori campioni atomici di frequenza esistenti nel mondo.

Quando nel 1955 arrivarono i primi orologi al cesio, si sapeva già, grazie ai pendoli di Shorrt e agli orologi piezoelettrici al quarzo, che il moto di rotazione della Terra non è del tutto regolare: in alcuni periodi il nostro pianeta rallenta, in altri accelera lievemente, ma in generale prevale il rallentamento, per cui il giorno tende a durare sempre di più. Gli orologi atomici, oltre a confermare questa tendenza della Terra a perdere giri, hanno messo in evidenza piccole irregolarità caotiche nella rotazione terrestre. Probabilmente dipendono da varie cause: spostamenti di grandi masse dentro il globo terrestre dovuti a moti di convezione nel mantello e a terremoti, fenomeni atmosferici a scala planetaria legati ai cambi di stagione, persino il ritorno delle foglie in primavera.

Nonostante questi capricci, la rotazione terrestre, però, rimaneva - e rimane - il vero punto di riferimento sia in attività pratiche (navigazione per mare e per cielo, ad esempio) sia in attività scientifiche (ricerca astronomica). Di qui la necessità di adeguare, quando la differenza supera un secondo, il tempo atomico al tempo astronomico (più esattamente, a quello coordinato, che è, in certo senso, una versione del tempo astronomico approssimata per gli usi civili).

Per convenzione, nel 1958 tempo atomico e tempo astronomico furono fatti coincidere. Da allora la rotazione della Terra ha perso in media un secondo ogni 15 mesi rispetto al tempo atomico. A lungo termine, a causa dell'attrito delle maree si arriverà a una situazione in cui Terra e Luna si rivolgeranno sempre la stessa faccia. Allora avremo notti e giorni di due settimane. Ma accadrà tra miliardi di anni.

L'orologio astronomico sulla Old Town Hall Tower a Praga

La scienza che definisce i campioni di misura si chiama metrologia. La massima precisione finora si è ottenuta proprio nella misura del tempo. In altri campi è molto più difficile ottenere misure di estrema precisione. Mentre, per esempio, è facile misurare il miliardesimo di secondo, è già molto complicato stimare, nella scala delle temperature, il millesimo di grado. Il peso, che sembra facile da misurare, fa disperare i metrologi. Il chilogrammo campione italiano, confrontato con il chilogrammo campione conservato al Bureau International des Poids et Mesures di Parigi, sembra diminuire di circa un milionesimo di grammo all'anno. Inoltre, se misurato con una bilancia a molla, lo stesso campione di chilogrammo può variare di un grammo a seconda che la misura si faccia, per esempio, vicino a Ivrea in Piemonte o vicino a Enna in Sicilia. Il fenomeno dipende da anomalie gravitazionali: dove nel sottosuolo c'è una maggiore concentrazione di materia, come presso Ivrea, la gravità è più forte, e quindi il chilogrammo sembra pesare di più.

Una perfetta misura del tempo è necessaria per il buon funzionamento delle telecomunicazioni. Quando telefoniamo, i messaggi viaggiano in forma digitale, cioè tradotti in cifre binarie composte di 0 e 1. Su uno stesso cavo corrono molte comunicazioni, e ognuna usa il cavo solo per minime frazioni di secondo. Per ricomporre il messaggio senza mescolarlo con gli altri che hanno usato la stessa linea in istanti lievemente diversi, occorre una perfetta sincronizzazione tra stazione trasmittente e stazione ricevente. E ciò richiede campioni di frequenza, cioè, in pratica, orologi, che scartino al massimo di una parte su cento miliardi.

Ma oggi con i satelliti di navigazione tipo GPS anche le misure di distanza sono in realtà misure di tempo. Ciò che si misura è quanto un'onda radio o un raggio di luce laser impiega per andare da un punto all'altro alla velocità costante di 300 mila chilometri al secondo. È un po' come se avessimo un'auto che corre sempre a 100 all'ora: dopo tre ore di viaggio sapremo di essere a 300 chilometri dal punto di partenza, dopo 10 ore a 1000. È così che navi, aerei e automezzi stabiliscono la propria posizione con errori di pochi metri. In Italia ogni giorno si rubano 3-4 autotreni: nascondendo sui camion una trasmittente a orologeria grande come un pacchetto di sigarette in contatto con i satelliti ARGOS, diventa facile localizzare gli autotreni scomparsi.

I satelliti LAGEOS, che riflettono con centinaia di specchietti un raggio laser inviato da stazioni a terra come quella dell'Agenzia Spaziale Italiana a Matera, raggiungono già oggi la precisione del centimetro. Grazie a essi si spera di poter misurare le minime deformazioni del terreno che annunciano i terremoti, e il fisico Ignazio Ciufolini è riuscito a verificare l'effetto Lense-Thirring, dai nomi dei ricercatori che nel 1918 lo dedussero come conseguenza della relatività generale di Einstein. Questa teoria dice che la massa curva lo spazio-tempo, così come una biglia deforma un telo elastico su cui è appoggiata. Se la massa ruota (il caso della Terra), la deformazione dello spazio-tempo è un po' diversa, come se la rotazione lo trascinasse con sé. Ma la differenza è così piccola che solo l'enorme progresso delle misure di tempo ha reso possibile la verifica.

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