Abbiamo affrontato in passato la storia della cosmetica e del gruppo industriale L'Oréal. Vediamo ora le curiosità sul mondo dei profumi tratte dal libro di Piero Bianucci Le Macchine Invisibili.
Ad eccezione delle immagini e della grassettatura da me aggiunta, questo articolo è preso nella sua interezza (e fedelmente) dal libro Le Macchine Invisibili, Longanesi 2009, ben fatto e consigliatissimo. Si ringraziano l'autore e l'editore per la gentile concessione della riproduzione.
Sulla mensola dello specchio o dentro un apposito armadietto, in bagno di solito non mancano profumi e deodoranti. Eliminare emanazioni naturali che con l'avanzare della civiltà sono considerate sempre più imbarazzanti e sostituirle con aromi gradevoli è uno dei tratti distintivi del nostro tempo.
I profumi femminili sono ormai più di quattrocento, quelli maschili un centinaio, molti sono unisex. Ogni anno ne escono di nuovi. E' un'industria miliardaria che ha la sua capitale a Grasse, nel Sud della Francia. Esiste una moda dei profumi parallela a quella del vestire. L'una e l'altra sono strumenti di espressione della personalità, ci identificano e nello stesso tempo ci omologano.
Ma nonostante i grands nez i "grandi nasi", siano insonni nell'escogitare novità, alcuni classici resistono al tempo. Chanel N° 5 risale al 1921: Marylin Monroe scandalizzò i benpensanti degli anni Cinquanta dichiarando che a letto indossava solo qualche goccia di questo profumo. Joy, creato da Henri Almeras per Jean Patou nel 1930, fu la fragranza di Jacky Kennedy. Femme è del 1945: ne fu ambasciatrice Mae West, forse perché Marcel Rochas volle confezionarlo in flaconi che riproducevano la linea dei suoi fianchi. Shalmar, concepito nel 1925 da Raymond Pierre Guerlain, si identificò con Marlene Dietrich. Miss Dior, 1947, era il profumo di Lady Diana. A L'air du temps, concepito da Francis Fabron per Nina Ricci, ha legato il suo nome Claudia Cardinale.
In profumi e deodoranti si celebra il trionfo della chimica al servizio della vita sociale. I deodoranti sono relativamente semplici. Alcuni utilizzano polveri con forte capacità assorbente, come il talco e il gel di silice. Altri agiscono mediante scambiatori di ioni a base di polimeri sintetici o sostanze che sequestrano le molecole maleodoranti formando nuovi composti (clatrati): le molecole indesiderate vengono imprigionate negli spazi vuoti del reticolo cristallino di sostanze come il ricinoleato di zinco.
Questi deodoranti si basano in pratica su un'azione meccanica a posteriori. Un'altra categoria agisce affrontando il problema all'origine. Il sudore di per sé è inodore, essendo fatto essenzialmente di acqua. L'odore sgradevole deriva dai batteri che decompongono i grassi e altri componenti della pelle presenti nel sudore. Quest'ultimo, creando un ambiente umido e caldo, è una nicchia ideale per far prosperare colonie di microbi. Si può quindi intervenire con prodotti che operano un genocidio batterico. I deodoranti più raffinati sono batteriostatici: utilizzano sostanze come il 3,4,4'-triclorocarbanilide che bloccano la proliferazione dei microrganismi. E' preferibile questa regolazione delle nascite piuttosto che uno sterminio radicale in stile nazista perché i numerosi microrganismi che abitano sulla pelle svolgono anche funzioni protettive.
I profumi, come vedremo tra poco, sono armoniche mescolanze di numerose essenze molto differenziate, ognuna delle quali deve svolgere un ruolo ben preciso. C'è chi li usa per coprire gli odori corporei, ma è sconsigliabile. Non sempre vale il detto "chiodo scaccia chiodo".
La struttura di un profumo
In un flacone di profumo la componente odorosa è una parte minima: il 98 per cento è una miscela di alcool e acqua, l'1.99 per cento una sostanza oleosa e solo lo 0.01 per cento è costituito da molecole odorose. Queste a loro volta sono un complesso miscuglio di vari tipi di molecole aromatiche.
Un profumo di qualità dovrebbe durare a lungo e variare il meno possibile nel periodo di tempo durante il quale viene liberato. Questo risultato si ottiene mescolando varie essenze di natura diversa e di diversa volatilità. Tipicamente un profumo ha tre componenti, chiamate "note". La nota alta (testa) è la parte più volatile, quella che avvertiamo prima, con più forza e nitidezza. Ci sono poi le note medie (corpo), che si liberano un po' di tempo dopo e che solitamente derivano da fiori dotati di un aroma pesante, come il gelsomino, la rosa o l'ylang-ylang. Infine entrano in azione le note basse, che svolgono il ruolo di fissatore, e questa è la componente meno volatile ed è anche quella più potente nell'evocare emozioni forti, per esempio di carattere erotico e intimo. I diversi tempi di volatilità delle tre componenti contribuiscono a mantenere per quanto possibile la costanza del profumo nel suo insieme. Ciascuna delle tre note, peraltro, spesso è il risultato di un insieme di fragranze.
Per esempio, nel caso di Chanel N° 5, il "pigiama" di Marylin Monroe, la ricetta è questa:
Note alte (testa):
- principali: aldeidi
(2-metilundecanale)
- secondarie: bergamotto, limone,
neroli (olio dell'arancio
amaro)
Note medie (corpo):
- principale: ylang-ylang
- secondarie: gelsomino, rosa,
giglio della valle,
olio di Iris pallida
Note basse (fissatore):
- principale: vetiver (olio
estratto da un'erba tropicale)
- secondarie: legno di sandalo e
cedro, vaniglia, ambra,
zibetto, muschio
I profumi in origine erano esclusivamente naturali e spesso avevano un costo altissimo a causa della difficoltà di estrazione: occorrono cinque tonnellate di petali di rosa per ottenere un chilogrammo di olio di rosa. Madame de Pompadour (1721-1764), amante di re Luigi XV, nella sua breve esistenza spese in profumi l'equivalente di circa mezzo milione di euro, e all'epoca esistevano soltanto 300 essenze. Oggi sono più di 25 mila. L'estratto naturale di gelsomino costa 6000 euro al chilogrammo, mentre un chilogrammo di quello sintetico si compra con 5 euro.
Il primo aroma naturale riprodotto in laboratorio fu la cannella, nel 1826, a opera del chimico italiano Luigi Chiozza, che sintetizzò l'aldeide cinnamica. Nel 1868 venne la cumarina, con cui Paul Parquet nel 1882 preparò Fougère Royale (felce reale).
La moderna tecnica della profumeria chimica si sviluppa solo a partire dall'inizio del Novecento. Non c'è aroma, oggi, che non possa essere perfettamente riprodotto con molecole di sintesi: dall'aglio al profumo di pane fresco, dall'afrore di stallatico al profumo di violetta.
Alcuni prodotti di profumeria rimangono come pietre miliari del gusto e del costume. Nel 1917 nasce Cyphre, capostipite di una famiglia di fragranze ispirate al Mediterraneo orientale, con note alte di bergamotto, limone, neroli e arancia, note medie di rosa, gelsomino e garofano, e note basse di muschio di quercia, patchouli e zibetto. Negli anni Trenta i chimici scoprono le note "verdi" fresche: il cis-3-esanolo ne è un esempio; Ma Griffe, di Carven, un profumo lanciato nel 1944, si fonda su queste molecole. Gli anni Sessanta furono caratterizzati da fragranze che intendevano sottolineare la liberazione della donna. Spesso contenevano didrojasminato di metile, la versione artificiale della fragranza di gelsomino. Poi sono venuti i profumi simbolo di stili di vita: come Charlie di Revlon, Opium di Saint Laurent e Anaïs Anaïs di Cacharel, il sofisticato Cristobal di Balenciaga, il lussuoso J'adore di Dior.
Ma non dimentichiamo che non esistono due profumi uguali. Ciascuno interagisce con la pelle di chi lo usa e il risultato è unico e inimitabile come la personalità di ognuno di noi. Per questo il profumo diventa, tra tutti i modi di comunicare, il più intimo ed emotivamente coinvolgente. [...]
Da Chanel N° 5 in poi
Gli inventori di nuovi profumi, una pattuglia di apprendisti stregoni che lavora al confine tra chimica, biologia, psicologia e un raffinatissimo artigianato, sono oggi tra i pochi a essere pienamente consapevoli dell'importanza dell'olfatto nella nostra vita. Molta strada si è fatta da quando, nel 1921, Ernest Beaux creava Chanel N° 5 usando per la prima volta una molecola di sintesi, il 2-metilundecanale, appartenente alla famiglia delle aldeidi alifatiche (che, peraltro, se in alta concentrazione, hanno un odore sgradevole: come sempre, è questione di senso della misura). Oggi ogni molecola viene studiata atomo per atomo nella sua struttura tridimensionale; sofisticate tecniche di cromatografia e spettrometria di massa sono al servizio dell'industria profumiera e non c'è aroma naturale che non possa essere riprodotto alla perfezione in un laboratorio chimico.
Interessante è la classificazione dei profumi. I tecnici hanno un loro complicato vocabolario: floreale, cipriato, ambrato, aldeidico, verde, colonia, speziato, fruttato, legnoso e così via. Come con le 21 lettere dell'alfabeto si possono ottenere quasi infinite combinazioni che vanno dai Promessi sposi fino alla sciatta prosa di certi narratori contemporanei, così, partendo da pochi aromi fondamentali, si combina una incredibile varietà di profumi, dai più sofisticati ai più stucchevoli: fragranze che di volta in volta riflettono i nostri stati d'animo, i nostri umori e persino le nostre percezioni subliminali.
George Dodd e Steve Van Toller hanno tracciato una "mappa delle fragranze" che va da un estremo floreale/femminile all'estremo opposto non-floreale/maschile. In questa transizione si passa da un lato per le percezioni di naturale, fresco e sportivo, e dall'altro lato per inebriante, caldo, sontuoso. Entro queste coordinate si collocano le centinaia di profumi offerte dal mercato. Vale la pena di notare che i profumi classici occupano una zona centrale, lontana da ogni eccesso: è lì che troviamo, per esempio, Chanel N° 5.
Ma se per i produttori e i chimici che li assistono i profumi non hanno misteri, le cose vanno ben diversamente per il consumatore. Anche le donne e gli uomini più consapevoli, quando entrano in una profumeria diventano incerti: provano una essenza dopo l'altra, oscillano tra giudizi opposti, faticano a individuare il giusto cocktail tra l'odore naturale della loro pelle e la molecola da aggiungervi. In questo dissolversi anche delle personalità più spiccate di fronte alla scelta di un profumo si misurano due fattori in contrasto tra di loro: quanto, istintivamente, sentiamo ancora l'importanza dei messaggi odorosi, e quanto, tuttavia, ci siamo allontanati dal linguaggio di questi messaggi.
Considerando l'intreccio profondo e sottile tra percezioni olfattive e psicologia, gli esperti di marketing Mensing e Beck hanno elaborato un test basato su "rose di colori" tra le quali il cliente è invitato a scegliere. "Guardare le combinazioni di colori, spiegano Mensing e Beck, "suscita un certo tipo di sensazioni e lo stato emotivo individuale è decisivo ai fini della scelta di un profumo. Ne consegue la possibilità di determinare questa scelta avvalendosi del test dei colori, che aiuta a individuare sia i bisogni emozionali sia quelli razionali e indica anche le marche associate a ogni colore o alla categoria cui appartiene la personalità."
Pare che con questo sistema sia possibile prevedere con una probabilità dell'80 per cento le fragranze preferite, mentre la probabilità di individuare in anticipo le fragranze da scartare sarebbe addirittura del 90 per cento. Il test, comunque, non conduce ancora direttamente alla marca: Mensing e Beck consigliano di offrire al cliente uno spettro di almeno tre profumi affini, in modo che ognuno possa sintonizzare ancora meglio la fragranza scelta con i propri connotati socio-biografici e le variabili del clima.
Insomma, il profumo tende a diventare sempre più qualcosa di strettamente individuale, proprio come quegli odori del corpo che la società moderna cerca di cancellare. Un po' perché è esclusivo il suo modo di reagire con ogni singola pelle, e un po' perché i progressi della chimica portano in questa direzione. Il profumo del futuro avrà una formula personalizzata. Non solo sarà perfettamente calibrato sulle nostre reazioni allergiche, ma nella sua unicità lancerà un messaggio inconfondibile: io sono io.