Nel febbraio del 1945 l'Ucraina fu sede di uno storico incontro: l'inizio del processo di spartizione dell'Europa martoriata dalla Seconda Guerra Mondiale, infatti, partì dalla Conferenza di Yalta, nella penisola di Crimea. Stati Uniti, URSS e Gran Bretagna siglarono un accordo in cui veniva così bloccato sulla carta il tentativo armato di unificazione europea da parte della Germania.
Con l'implosione della debole URSS, simboleggiata dal crollo del Muro di Berlino del 1989, riprende inesorabile il processo di unificazione europea, stavolta senza un pazzo stratega sanguinario, ma comunque con le sue guerre di confine (come quelle dei Balcani). La "nuova spartizione" vide allora uno spostamento dell'influenza sui Paesi dell'ex URSS verso Germania ed Europa a discapito di Mosca. Questo nuovo assetto, come per Yalta, non fu immediato ma, anzi, sta ancora avvenendo.
È proprio qui che si inseriscono i fatti degli ultimi anni in Ucraina, a cominciare dalla crisi politica della "rivoluzione arancione" di nove anni fa con protagonisti il primo ministro Viktor Yanukovych e il suo oppositore Viktor Yushchenko, attuale presidente ucraino, fino all'Euromaidan di oggi, ossia la protesta di piazza filoeuropeista nata nel novembre dell'anno scorso.
La regione che fu sede della guerra di Crimea (1853-1856), di scontri rivoluzionari nel '17 appoggiati dalla corazzata Potëmkin, del massacro di Odessa nell'agosto 1941, che diede i natali a illustri personaggi come il pittore Ivan Konstantinovic Ajvazovskij (1817-1900), gli scrittori Michail Afanas'evič Bulgakov (1891-1940) e Giorgio Scerbanenco (1911-1969), fino al calciatore Andriy Shevchenko, è ancora oggi una carta strategica contesa nelle mani di Europa, Russia e, in minor parte, Stati Uniti. L'Ucraina è divisa sostanzialmente in due parti: l'Ovest europeista, nazionalista e secessionista, si contrappone all'Est filorusso. La capitale Kiev si trova al centro e deve fare da mediatrice.
Il punto di compromesso ottenuto con la "rivoluzione arancione" del 2004 è messo in discussione in queste drammatiche settimane (parliamo di decine di morti, arresti, e migliaia di feriti nei quasi quotidiani scontri sia tra le due fazioni che contro le forze dell'ordine) a causa della crisi economica, della classe politica ormai screditata, ma anche dalle pressioni russe che tentano di ricostruire i rapporti con i Paesi ex URSS e da una certa debolezza della politica estera dell'Unione Europea.
Quello che oggi sta succedendo a 2 mila chilometri da noi, è in gran parte causa di uno dei fallimenti dell'Europa, perché non ha saputo riconoscere in tempo le problematiche sviluppatesi nel corso degli anni attorno alla questione Ucraina. Nel 2009 ci fu un tentativo di adesione all'UE appoggiato solo dalla Polonia che portò poi a un accordo di libero scambio. La Russia, allarmata, ha giocato tre anni fa la carta dell'"Unione eurasiatica", ma difficilmente l'Ucraina riuscirà ad aderire a una delle due "Unioni". I dimostranti europeisti, se riusciranno a convincere il governo a firmare l'entrata nella UE, dovranno poi fare i conti con Mosca.
La debolezza della politica estera comune europea trova un forte muro nella "politica di confine" russa, che probabilmente continuerà ad opporsi al tentativo europeo di creare una sfera di influenza proprio come ha cercato di fare in precedenza nel Mediterraneo e in Africa (Mali, Repubblica Centrafricana, Siria, Turchia, Egitto).
Nel medio periodo vedremo se ci sarà una nuova spartizione simile a quella di Yalta, ma le relazioni di potenza in altre aree esterne ai confini dell'UE continueranno a essere zone di caccia anche di altre potenze. Proprio come avvenne nel 1956 in Ungheria, coi carri armati russi che impiantarono a Budapest la bandiera della loro influenza, mentre Washington padroneggiava sull'Europa parigina e londinese nel Canale di Suez.
Intanto i giovani di Kiev, figli della catastrofe di Chernobyl di quasi trent'anni fa, stanno affrontando un altro disastro: che siano in divisa o incappucciati, che parteggino per l'Est o per l'Ovest, si massacrano cercando di finire tra le mani di una potenza imperialista, l'Europa, o rimanere preda del proprio nazionalismo e della suggestione russa.
Un massacro delle ideologie, a dir poco assurdo, ancora in corso, e per nulla facile da capire se si rimane preda dei vari fanatismi e nazionalismi.