Darwin e Gully tra omeopatia e realtà

13/01/14

13/01/14


Gregory Dana Ullman, giornalista e scrittore, è forse il più conosciuto propugnatore della causa omeopatica negli Stati Uniti d'America. Il suo ultimo libro, The Homeopathic Revolution: Why Famous People and Cultural Heroes Choose Homeopathy (La rivoluzione omeopatica: perché persone famose ed eroi culturali scelgono l'omeopatia), raccoglie le storie di una serie di personaggi molto noti che, pare, abbiano fatto uso di prodotti omeopatici. L'obiettivo dell'opera è quello di sensibilizzare il lettore nel prendere sul serio questa "medicina alternativa", dato che molte persone famose, appunto, l'hanno utilizzata e poi consigliata.

La premessa del libro, tuttavia, è la classica fallacia detta "argumentum ab auctoritate", ovvero dell'argomento autorevole (che va di pari passo, tra l'altro, con la fallacia ad populum utilizzata solitamente dai tifosi delle infinite succussioni): dato che illustri personaggi si sono affidati all'omeopatia e l'hanno talvolta promossa, significa che questa funziona. Ciò, però, è irrilevante dal punto di vista scientifico, nonché falso in almeno un caso, quello di Charles Darwin, tanto decantato dall'autore del libro.

Gli errori di Ullman sono grossolani e causati, se in buona fede, da un travisamento della realtà. Utilizzare il naturalista inglese, icona dello scetticismo e dell'indagine scientifica, è stato un goffo tentativo di validare una pratica che nulla ha di scientificamente dimostrato. È lo stesso Darwin, inoltre, a deridere l'omeopatia in alcune delle sue lettere.

Ma andiamo con ordine.

Charles Robert Darwin (1809-1882) ha sofferto per una buona parte della sua vita di problemi allo stomaco, provocati probabilmente dallo stress a cui sottoponeva corpo e mente, e dalle difficoltà incontrate in natura durante i suoi studi sul campo. È altresì probabile che fosse affetto da qualche patologia, ma i medici di allora non seppero riconoscerne esattamente le cause. Fu così che nel 1849 decise di provare l'idroterapia del dottor James Manby Gully (1808-1883) nella clinica di Malvern, vicino al confine col Galles, sessanta chilometri a Sud di Birmingham:

Ho deciso di recarmi a inizio estate a Malvern, per un paio di mesi, per vedere se c'è qualcosa di reale in Gully e nell'idroterapia: i dottori tradizionali non sono riusciti a spiegare del tutto il mio continuo vomitare.

Lettera del 24 febbraio 1849 a Richard Owen (1804-1892), biologo anatomista

La cittadina di Malvern era già popolare per le proprietà curative dell'acqua del suo fiume e per quelle benefiche dell'aria e del paesaggio collinare.

Il dottor Gully visitò Darwin e concordò con l'auto-diagnosi del paziente stesso: il padre della teoria evoluzionistica soffriva di dispepsia nervosa, cioè di disturbi gastrici che rendevano difficile la digestione e provocavano dolori e vomiti continui. Tre mesi di ricovero nella cittadina di Malvern, lontano dal lavoro stressante, migliorarono le condizioni di salute del naturalista inglese, che non mancò di elogiare gli effetti del soggiorno termale:

[...] ho deciso di rinunciare a tutti i tentativi di fare qualsiasi cosa e venire qui e mettermi sotto il dottor Gully. E ho avuto un ottimo riscontro: la mia malattia ha rallentato di molto e io ho acquisito un notevole vigore. [...] L'ho provata abbastanza da essere certo che la "Cura dell'acqua fredda" sia un poderoso agente e che capovolgerà tutte le mie solite caratteristiche costituzionali.

Lettera del 6 maggio 1849 a John Stevens Henslow (1796-1861), botanico
Sono stato qui per tre mesi sotto il dottor Gully e la "Cura dell'acqua fredda", che ha avuto un'azione sorprendentemente rinvigorente sulla mia salute; prima di venire qui ero quasi del tutto a terra, con una sensazione di acqua nella testa, le mani tremolanti e mai una settimana senza vomito violento; tutto questo non c'è più, e ora posso camminare per due e tre miglia. Fisiologicamente è più curioso come il forte eccitamento della pelle, prodotto dalla sola acqua, abbia agito su tutti i miei organi interni.

Parlo di tutto questo per gratitudine verso una pratica che ho pensato fosse ciarlataneria fino a un anno fa [...].

Lettera del 13 giugno 1849 a John Frederick William Herschel (1792–1871), chimico-matematico
Spero sinceramente che la sua salute sia molto buona: la mia è migliorata grazie alla inestimabile "Cura dell'acqua".

Lettera del 11 ottobre 1850 ad Adam Sedgwick (1785-1873), geologo

Su consiglio di Gully, Darwin dovette seguire l'idroterapia anche da casa nei mesi successivi.

Oggi sappiamo che il disturbo di cui soffriva verosimilmente Darwin, cioè la dispepsia nervosa, viene contrastato da passeggiate all'aria aperta e dall'idroterapia, proprio ciò che faceva il naturalista ospite nella clinica di James Gully.

Il medico inglese era anche omeopata e non mancava di somministrare ai suoi pazienti i prodotti di tale "medicina alternativa".

A tutto ciò Dana Ullman deve aggiungere acqua al suo mulino, affermando addirittura che "Charles Darwin non avrebbe potuto scrivere l'Origine delle specie senza il trattamento omeopatico che ha ricevuto dal dottor Gully". Ma come stabilisca che i miglioramenti di salute siano stati portati dai prodotti omeopatici anziché dal soggiorno termale non è dato a sapere.

Questo è ciò che è contenuto in alcune lettere di Darwin in merito all'omeopatia:

Mi duole dire che il dottor Gully mi dà le medicine omeopatiche tre volte al giorno, che prendo docilmente, senza un atomo di fede.

Lettera del 19 marzo 1849 alla sorella Susan Elizabeth Darwin (1803-1866)
Mi parli di omeopatia, che è un argomento che mi fa più arrabbiare di quanto addirittura non faccia la chiaroveggenza: chiaroveggenza che abbraccia la fede, le cui facoltà ordinarie sono fuori discussione, ma in omeopatia entrano in gioco il senso comune e la comune osservazione, ed entrambi vadano a farsi fottere, se le dosi infinitesimali abbiano un qualche effetto.

Lettera del 4 settembre 1850 al cugino William Darwin Fox (1805-1880), naturalista

Charles Darwin vedeva nel dottor Gully un amico, nonché un buon medico, ma proprio non capiva come egli potesse credere alle superstizioni e all'omeopatia. Ne fu talmente amico e fiducioso che quando la figlia Annie soffrì di indigestione con vomito persistente, la portò in cura a Malvern (24 marzo 1851). Nonostante le continue rassicurazioni del medico sulla ripresa di Annie, che non avvenne, un mese dopo la piccola morì di tifo (23 aprile 1851), nonostante l'idroterapia e i prodotti omeopatici somministrati.


L'anno seguente, dopo mesi di osservazione, Darwin cessò la terapia dell'acqua, in quanto notò che i suoi miglioramenti erano solo di tipo psicosomatico: la malattia persisteva, ma diminuivano o cessavano solo alcuni sintomi. Decise quindi di affidarsi a un altro idroterapista, che non usava chiaroveggenza, ipnosi e omeopatia, il dottor Edward Wickstead Lane (1823-1889):

Mi piacciono molto il dottor Lane, sua moglie e sua madre, che sono i proprietari di questa clinica. Il dottor L. è troppo giovane, ma è la sua unica colpa, perché lui è un gentiluomo ed è molto colto. In una cosa mi piace più del dottor Gully, vale a dire che egli non crede in tutte le assurdità che dice il dottor G., né pretende di spiegare più di quanto lui o qualsiasi altro medico possa spiegare.

Lettera del 30 aprile 1857 al cugino William Darwin Fox (1805-1880), naturalista

Il naturalista inglese si ammalò pesantemente nel 1863, ma non poté curarsi dal dottor Lane perché questo aveva lasciato l'attività. La moglie Emma lo convinse quindi a tornare da Gully, caduto nel frattempo in depressione. Darwin, colpito da eczema, venne seguito a Malvern dal dottor James Smith Ayerst (1824-1884), fisico, omeopata e collaboratore di Gully. Non potendo continuare con l'idroterapia a causa dell'eczema, Darwin ebbe una crisi nervosa e il 13 ottobre lasciò la clinica peggio di come vi era entrato. La spossante malattia proseguì fino al 1866, senza più ricomparire.

Il nostro omeopata americano Ullman cerca infine di convincere il lettore sostenendo che Charles Darwin sperimentò le diluizioni omeopatiche. Anche questo è falso: Darwin fece sì una ricerca innovativa con soluzioni di sali di ammoniaca sulla pianta carnivora Drosera rotundifolia, ma non in diluizioni omeopatiche (ossia maggiori di 12CH o 24DH). Anzi, in questa lettera del 6 settembre 1860 al botanico Joseph Dalton Hooker (1817–1911) ben specifica la quantità di soluto e solvente (mentre i prodotti omeopatici che superano le concentrazioni qui sopra sono composti solamente da acqua e, nel caso, zucchero):

Per quanto riguarda la Drosera [...] Ho provato solo i seguenti 14 fluidi [...]. Acqua, sciroppo di zucchero, amido, gomma, olio di oliva, vino Sherry, carbonato di sodio; questi non contengono azoto e non causano alcuna inflessione delle foglie o dei peli. D'altra parte, la carne cruda spremuta a freddo, l'urina, il bianco d'uovo crudo, la gelatina, il muco polmonare, e la saliva, causano tutti una potente contrazione e tutti contengono azoto. [...] Ma ecco qui il caso davvero curioso, una soluzione di 1 grano di carbonato d'ammoniaca in 30 ml di acqua (cioè 1/480 parti in peso) [...] un granello di carbonato di ammoniaca provoca la contrazione.

Il lavoro pseudoscientifico di Ullman del 2009 è stato da lui pubblicato sull'Huffington Post e anche su eCAM (Evidence-based Complementary and Alternative Medicine) nel 2010, anno in cui la rivista era ancora di proprietà della prestigiosa Oxford University Press prima di essere venduta all'indiana Hindawi Publishing Corporation. D'altronde, Silvano Fuso nel suo recente libro La falsa scienza ci ricorda ad esempio che addirittura Science pubblicò a metà anni Duemila degli articoli fasulli di Woo Suk Hwang sulla clonazione cellulare (tanto per citarne uno tra molti). Anche il blog Prosopopea ha fatto un'analisi interessante sulle riviste paritarie e gli open access journals.

I fallimenti delle peer review sono all'ordine del giorno, e questo dovrebbe portare le riviste stesse, in nome dell'onestà scientifica, a concentrarsi un po' di più sulla loro mission anziché sui profitti, per evitare che personaggi come Ullman pubblichino falsità spacciandole per lavori scientifici e che le loro riviste passino da peer review a pee review.

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