Il Primo Maggio nell'Ottocento - Parte I

23/04/12

23/04/12


La giornata del Primo Maggio è il simbolo massimo dell'emancipazione del proletariato. È una giornata di lotta, in cui questa classe rivendica l'unione internazionale dei lavoratori ed il miglioramento delle proprie condizioni. La conquista delle otto ore di lavoro, ormai assodate nei Paesi capitalisticamente avanzati, è frutto di questa lotta.

Nel 1516 l'umanista londinese Thomas More (1478-1535), fervente cattolico, scrive Utopia, diviso in due libri: nel primo analizza la società inglese dell'epoca ed arriva alla conclusione che si debba abolire la proprietà privata, ritenuta "il male dei mali"; nel secondo descrive l'isola di Utopia, un luogo immaginario, a suo avviso perfetto, in cui la provvidenza di dio ed il raggiungimento del benessere sono alla base della vita: qui tutti lavorano sei ore al giorno e partecipano attivamente alla società.

Quasi un secolo dopo, nel 1602, fu la volta del filosofo reggino Tommaso Campanella (1568-1639), nonché frate dominicano, che nel suo La città del Sole prende spunto soprattutto dall'opera di More ed ipotizza una giornata lavorativa di quattro ore.

Sono gettate le basi del cosiddetto utopismo, ossia di quel pensiero mosso dal bisogno di cambiamento, che idealizza una forma di organizzazione sociale "perfetta", ma irrealizzabile perché in contrasto con il movimento reale delle cose e quindi sostanzialmente inapplicabile.

Il Primo Maggio del 1649 viene pubblicato il Patto del popolo dai levellers, chiamati così in modo dispregiativo fin dai tempi delle rivolte contro gli Enclosure Acts (recinzioni delle terre coltivabili da parte del parlamento inglese): si chiede l'abolizione della monarchia, il suffragio universale, la restituzione delle terre confiscate ai contadini, ma il movimento viene soppresso dal dittatore de facto Oliver Cromwell.

Negli anni Settanta del XVII secolo, sulla scia di More e Campanella, Denis Veiras (1622-1700) scrive Histoire des Sévarambes in cui elabora la formula delle "tre otto": otto ore di lavoro, otto ore di svago, otto ore di riposo.

Nel '700 il deista francese Claude Gilbert parla di giornate lavorative di cinque ore nella sua opera Histoire de Calejava, mentre l'illuminista parigino Claude-Adrien Helvétius (1715-1771) si esprime a favore di una riduzione dell'orario di lavoro. In Inghilterra nel 1721 gli aiutanti sarti si riuniscono e chiedono aumenti salariali e diminuzione di un'ora dell'orario di lavoro. Sessantacinque anni più tardi i rilegatori londinesi si battono per abbassare la giornata ad undici ore lavorative.


In Francia nel 1791 viene emanata la legge Le Chapelier che vieta qualsiasi associazione di lavoratori o datori, ed otto anni dopo nella Grande Isola escono i Combination Acts che impediscono gli scioperi e gli accordi sulla diminuzione degli orari di lavoro.


La lotta nell'Ottocento

È nel XIX secolo, però, che le battaglie sulle condizioni di lavoro aumentano e si rafforzano.


1800 - 1820

Gran Bretagna
Il filantropo utopista Robert Owen (1771-1858) comincia a ridurre nel suo cotonificio di New Lanark l'orario di lavoro da quattordici a dieci ore e lotta contro lo sfruttamento dei fanciulli nelle fabbriche.
Viene promulgata la prima legge che regola il lavoro dei bambini nei cotonifici.
Robert Owen elabora un sistema di fabbrica "comunistico" in cui, tra le altre novità, introduce l'orario di lavoro di otto ore. Il filantropo inglese è anche il fautore dell'approvazione della legge sulla limitazione del lavoro di donne e bambini nelle fabbriche. Il 16 agosto 1819, a Manchester, 60 mila manifestanti vengono caricati dalla cavalleria in quello conosciuto come il massacro di Peterloo in cui persero la vita 11 persone e ne furono ferite centinaia.
Vengono impiccati alcuni lavoratori che tentano di organizzarsi sindacalmente.

Svizzera
L'economista Simonde de Sismondi (1773-1842) denuncia le condizioni di lavoro nelle fabbriche.


1821 - 1840

Francia
Il rivoluzionario Filippo Buonarroti (1761-1837) scrive Cospirazione per l'eguaglianza detta di Babeuf in cui arriva anche alla conclusione che la giornata lavorativa possa essere di tre o quattro ore.
Rivolta dei tessili di Lione nel 1831, affossata ma ripresa tre anni dopo.
Gli imballatori di Parigi manifestano chiedendo giornate lavorative di dieci ore in inverno ed undici in estate.
Il politico Étienne Cabet (1788-1856) pubblica Viaggio in Icaria in cui immagina giornate lavorative di sei o sette ore.

Gran Bretagna
Grazie alle numerose manifestazioni vengono aboliti i Combination Acts, ma le associazioni sono consentite solo entro certi limiti.
I filatori inglesi cominciano a lottare per le otto ore e chiedono la complicità ai compagni francesi.
A Manchester nel 1830 John Doherty (1798-1854) fonda la National Association for the Protection of Labour, una delle prime trade unions. Nello Yorkshire nascono i comitati per la riduzione dell'orario di lavoro, gli Short Time Committees.
Due anni dopo si palesa l'idea di un grande sciopero nazionale dei lavoratori della durata di un mese con lo scopo di ottenere la riduzione dell'orario di lavoro.
Il fabbricante e deputato riformista John Fielden (1784-1849), deluso dal potere legislativo, suggerisce ai lavoratori di entrare in sciopero generale nel 1834 per ottenere la diminuzione delle ore di lavoro, anziché chiederla al parlamento.
Robert Owen costituisce nel 1833 la Grand National Consolidated Trade Unions, un'organizzazione a capo di tutte le associazioni sindacali. Egli fonda la Society for Promoting National Regeneration il cui obiettivo principale è l'attuazione delle otto ore lavorative. Il parlamento inglese vara il Factory Act in cui si limita la giornata lavorativa dei fanciulli ad otto ore.

Stati Uniti d'America
Il 10 maggio 1825 nell'Indiana Robert Owen dà il via alla costruzione della comunità "New Harmony".
Gli operai meccanici di Philadelphia si riuniscono in sindacato e chiedono la giornata lavorativa di otto ore.
Nel 1833 Tutti i sindacati di categoria vengono riuniti sotto la nuova General Trades' Union.
L'anno successivo il presidente USA Andrew Jackson concede agli operai dei cantieri nazionali la riduzione delle ore lavorative.
I lavoratori di Philadelphia inneggiano alle dieci ore: dalle 06 alle 18 di cui due ore per i pasti.


1841 - 1860

Australia
Il 21 aprile 1856 gli operai di Victoria ottengono le otto ore, così come l'anno precedente accadde nel Nuovo Galles del Sud. Tale data diviene quindi ricorrenza e festa della colonia, con in testa ai cortei le parole d'ordine: otto ore per lavorare, otto ore per svagarsi, otto ore per dormire.

Francia
Vengono emanate le leggi che vietano più di otto ore di lavoro ai bambini tra gli 8 ed i 12 anni e più di dodici ore a quelli tra i 12 ed i 16 anni, ma non vengono mai applicate.
Il comunista utopista Théodore Dézamy (1808-1850) ipotizza una giornata di lavoro non più lunga di cinque o sei ore.
Dopo la Rivoluzione del febbraio 1848 si tenta di fissare l'orario a dieci ore a Parigi ed undici nella provincia, ma con la reazione del giugno tale limite viene riportato a dodici. La Rivoluzione fissa al 27 aprile la data della festa del lavoro nelle colonie.
Nel 1851 una legge porta al massimo di dodici ore la giornata lavorativa dei minori di anni quattordici.

Germania
L'esponente utopista tedesco Wilhelm Weitling (1808-1871) teorizza un orario di lavoro di sei ore che avrebbero potuto diventare tre dopo circa vent'anni dall'inizio della nuova "comunità".
Friedrich Engels scrive Situazione della classe operaia in Inghilterra (1845).

Gran Bretagna
Il 2 maggio 1842 un corteo lungo due miglia presenta alla Camera dei Comuni una petizione dei cartisti firmata da tre milioni di persone in cui si rivendicano le condizioni dei lavoratori.
Si ha il primo tentativo mondiale di sciopero generale, chiamato "Plug Riots", che esige anche le dieci ore di lavoro.
I bambini minori di dieci anni e tutte le donne vengono interdetti da qualsiasi lavoro in miniera grazie ad Anthony Ashley Cooper (1801-1885), conte di Shaftesbury, che in un rapporto denuncia le loro pietose condizioni di lavoro.
A giugno del 1847 viene promulgato il Ten Hours Act, una legge che fissa le undici ore di lavoro per adolescenti e donne e posticipa la limitazione a dieci ore dall'anno successivo. Molti esponenti della borghesia promuovono campagne per impedirne l'entrata in vigore.
A Londra viene pubblicato nel 1848 il Manifesto del Partito Comunista scritto da Mark ed Engels su incarico della Lega dei comunisti.
Nel 1850 entra in vigore il Factory Act, in cui le giornate lavorative vengono innalzate a dieci ore e mezza, ma non si può lavorare prima delle sei del mattino e dopo le diciotto.
Nel 1856 comincia la rivendicazione delle otto ore da parte del movimento dei minatori.
I London builders organizzano un grande sciopero nel '60 in cui chiedono le nove ore di lavoro.

Italia
Al VI Congresso delle società operaie del Piemonte si affronta la questione dell'orario di lavoro. Due anni più tardi gli operai in sciopero a Torino chiedono le dieci ore.

Stati Uniti d'America
Nel 1842 in Connecticut e Massachussets viene proibito per legge il lavoro superiore alle dieci ore ai bambini.
Si riunisce il primo congresso industriale a New York che mira alla riduzione dell'orario di lavoro a dieci ore ed indice vari scioperi.
Joseph Weydemeyer (1818-1866), pioniere del socialismo in America ed amico di Mark ed Engels fonda nel 1853 la American Workers League con cui i lavoratori tedeschi degli Stati Uniti, sulla scia dei compagni inglesi, chiedono l'abbassamento della giornata lavorativa a dieci ore.