Mass Media: breve storia di Playboy

01/02/12

01/02/12


Pornografia. Questo è il termine che comunemente si associa a torto a Playboy, nota rivista (ma non solo) per adulti. Dietro questo nome, in realtà, non c'è pornografia ma molto di più, e lo raccontiamo scorrendo i cinquantotto anni della sua gloriosa ed unica storia.

Nel lontano dicembre 1953 un ragazzo appena ventisettenne chiese un prestito in banca di 600 dollari dando come garanzia dei mobili e raccolse altri 7400 dollari da conoscenti e familiari. 8 mila dollari fu il prezzo complessivo che Hugh Hefner dovette pagare per stampare e diffondere il primo numero della rivista da lui creata: Playboy.


Hef e l'alba di un mito

Nato a Chicago il 9 aprile 1926 in una famiglia conservatrice e protestante, in cui non si doveva bere né fumare o parlare di sesso, Hugh Hefner mostrò le sue doti creative fin dall'adolescenza quando fondò il giornale scolastico e, durante il servizio militare, quando disegnava fumetti per diverse pubblicazioni dell'esercito.

Appassionato di anatomia umana, nel 1946 si iscrisse alla facoltà artistica della Northwestern University dell'Illinois in cui diresse la rivista satirica Shaft ed inventò la rubrica "Coed of the Months" ("Studentessa del Mese"). Tre anni dopo sposò la sua compagna di corso Mildred Williams, dalla quale divorziò dopo dieci anni di matrimonio.

Abbandonata l'idea di fare carriera come fumettista cominciò a lavorare come copywriter pubblicitario per un grande magazzino e poi per Esquire, una rivista della città diretta al pubblico adulto maschile. Quando la redazione venne spostata a New York decise di rimanere a Chicago e di fondare un magazine che parlasse della città, ma non trovando investitori entusiasti, cominciò a lavorare in una casa editrice come responsabile delle promozioni. In seguito venne assunto dalla rivista Children's Activities.

L'esperienza accumulata in quegli anni nel settore editoriale gli permise di attuare il suo sogno: la realizzazione di una rivista osée per soli uomini. Nacque così Playboy, dopo aver convinto un tipografo, un distributore, ed aver preso in prestito 8 mila dollari dalla banca e dai conoscenti. La stampa avrebbe dovuto chiamarsi inizialmente Stag Party, ossia Festa di addio al celibato, ma la rivista concorrente Stag minacciò di fargli causa.


"Marilyn Monroe nude"

Il primo numero di Playboy, datato dicembre 1953, aveva ben 44 pagine, costava 50 cents e conteneva un racconto di Sherlock Holmes, un articolo sulla progettazione di un ufficio moderno e le foto a colori di Marilyn Monroe nuda acquistate da uno stampatore locale. La ex "oca bionda", divenuta ormai la più grande star di Hollywood, comparì sul primo numero di Playboy come Reginetta del Mese (Sweetheart of the Month).

Primo numero di Playboy e una celebre foto a colori
di Marilyn Monroe nuda

Hefner non si sarebbe mai aspettato il successo che fece la rivista vendendo ben 51 mila copie, così a gennaio riuscì a produrre anche il secondo numero, in cui, per la prima volta, comparì una playmate e la prima ad indossare quell'appellativo fu l'attrice Margie Harrison. La playmate era una modella che appariva nelle due pagine centrali della pubblicazione in quella sezione chiamata Playmate of the Months (PMOM).

La creatura di Hefner non ospitava solo belle ragazze nude, ma anche molti racconti, tra cui quelli di Ian Fleming, Arthur C. Clarke e Alberto Moravia. In una convention del 1979 Hef dichiarò che senza le sue "bunnies" (conigliette), sarebbe stato l'editore di una rivista letteraria.


Il trio vincente: Penthouse, Club e Fondazione

È del 1955 il primo prodotto di merchandising: due gemelli con la sagoma di un coniglietto, che diventò ufficialmente il logo a partire dal secondo numero della rivista, grazie alla fantasia dell'art director Arthur Paul.

Sul finire degli anni Cinquanta Playboy vendeva circa un milione di copie mensili in tutti gli States ed è nel 1959 che Hef lanciò una trasmissione televisiva intitolata Playboy's Penthouse (da non confondersi con la concorrente rivista inglese Penthouse), ed il Playboy Jazz Festival, tenutosi al Chicago Stadium nello stesso anno.

Il programma Playboy's Penthouse, trasmesso dai canali della WBBM-TV, era un varietà che ospitò figure come il comico satirico Lenny Bruce, la "Mamma Jazz" Ella Fitzgerald ed il pianista-cantante Nat "King" Cole. La trasmissione faceva parte del progetto culturale di Hugh Hefner che provò così a contrastare il puritanesimo americano con della sana sessualità esplicita ma non volgare, un erotismo non scaduto nella pornografia. Nel 1965 creò la Playboy Foundation (non-profit) che promosse la lotta alla censura, l'educazione sessuale e le libertà civili, cavalcando l'onda delle proteste internazionali degli anni Sessanta.

La diffusione delle conigliette, invece, la dobbiamo ai Playboy Club, locali privati rispettabilissimi dove si passava il tempo tra buona musica, bevute, spettacoli di magia e bellissime cameriere vestite appunto come conigliette. Il primo di questi aprì il 29 febbraio 1960, la quota associativa era di 25 dollari all'anno ed i prodotti di consumo come bevande, sigarette e snack costavano 1.50 dollari. In soli sessanta mesi i Club salirono a quindici, arrivando a contare 500 mila soci, chiamati key holders, cioè detentori delle chiavi, ed incassi per decine di milioni di dollari all'anno.

I Playboy Club vennero chiusi negli anni Ottanta dalla figlia di Hef, Christie, che giustificò la scelta dichiarando che quello era un business dai guadagni troppo bassi. L'alternativa alla loro chiusura sarebbe stata quella di aprire i Club con dei casinò all'interno, dato che le sale da gioco aperte in Inghilterra negli anni '60 si dimostrarono enormemente redditizie. Difatti nel 2006 Playboy aprì a Las Vegas l'unico Club ad oggi in funzione con un casinò situato al 52° piano della Palms Casino Resort Fantasy Tower, tra l'ottimo ristorante italiano Nove ed il Moon Nightclub.

Christie Hefner a Londra con quattro
conigliette

Nel 1971 la Playboy Enterprises, Inc. entra nella Borsa di New York ed in Asia grazie ai 23 Club da un milione di soci ed alle 7 milioni di copie vendute ogni mese. Per non contare un'etichetta discografica ed una casa di produzione TV e cinematografica. L'anno dopo Playboy venne edita per la prima volta in un Paese diverso dagli USA, la Germania.

Gli anni Settanta furono un vero disastro per la compagnia, in particolare la seconda metà. Il settore televisivo non rendeva più ed il fatturato totale nel 1975 arrivò a toccare solo due milioni di euro. L'anno successivo Hef mise a capo dell'azienda Derick Daniels che provò a risollevarla inutilmente per sei anni, fino a quando il timone passò a Christie, in azienda fin dal 1975.

Negli anni Ottanta Hugh Hefner fu tra i finanziatori del restauro dell'insegna di Hollywood, ma l'America stava cambiando e, con essa, l'impero di Playboy.


Dagli anni '80 ad oggi

Il falso conservatorismo reaganiano dominò gli anni Ottanta degli Stati Uniti d'America, e portò un mutamento che vide incrementare il divario nella stratificazione sociale: l'arricchimento personale la fece da padrone sul divertimento. Nel 1985 Hef ebbe un ictus e così la figlia Christie prese completamente il suo posto a capo della Playboy Enterprises, Inc., cercando di riesumare l'impero dalla crisi e chiudendo, un anno dopo, attività poco profittevoli come i Playboy Club.

Christie cambiò la dirigenza, lanciò una linea di VHS ed avviò una pay-TV. Aprì rubriche che parlavano di corruzione, abusi di potere e libertà di espressione. Inoltre, aveva in previsione un futuro elettronico e di veduta internazionale. La ristrutturazione aziendale fece nascere il primo negozio di prodotti marchiati Playboy, aperto in Cina, diede il via alla vendita di programmi TV, alla gestione di networks esteri finché, nel 1998 acquistò il canale per adulti Spice, con contenuti meno soft rispetto a quelli di Playboy.


Nel 1994 Christie aprì playboy.com, il primo sito Web di una rivista: un colpo di marketing ben riuscito che aveva l'obiettivo di diffondere il brand tra i giovani sotto i trent'anni.

Negli anni Novanta muta anche la rivista, considerata la concorrenza di pubblicazioni come Maxim o GQ, molto seguite dai lettori e talvolta meno disinibite di Playboy. Al posto di Arthur Kretchmer, che si ritirò dall'attività trentennale, come direttore editoriale arrivò proprio da Maxim James Kaminski che, oltre a rivedere la grafica, rilanciò le sezioni letterarie, gli articoli di attualità e le pagine di moda maschile.

Il numero più venduto della rivista fu quello del novembre 1972 che registrò più di 7 milioni di copie vendute sul suolo statunitense. Oggi sono poco più di 3 milioni le riviste diffuse, più di Maxim e più di GQ, Esquire e Rolling Stone messe assieme. Fuori dal mercato USA sarebbero circa 5 milioni, vendute in 15 Paesi. Il fatturato del gruppo si aggira intorno ai 300 milioni di dollari ricavati dall'editoria, dal commercio online, dalla TV, dall'abbigliamento e dalla vendita di prodotti elettronici come le slot machines.

Non c'è dubbio che Hugh Hefner abbia creato un colosso mediatico e culturale che ancora oggi non ha rivali. Egli si è dedicato molto al mondo del cinema e al sociale, tant'è che la Playboy Foundation assegna un premio annuale alla libertà di espressione durante il Sundance Film Festival che si tiene ogni anno nello Utah.

Tra le centinaia di donne immortalate sulle pagine della rivista ricordiamo Sophia Loren, Drew Barrymore, Charlize Theron, Loretta Goggi, Madonna, Carla Bruni, Carol Alt, Cindy Crawford, Farrah Fawcett e, nel 2009, addirittura il cartoon Marge Simpson.

Rainy Day Jordan, classe 1991, Playmate dicembre 2011