L'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Organization of the Petroleum Exporting Countries, OPEC) è stata fondata nel 1960 a Baghdad da cinque Paesi. Oggi i membri sono dodici e controllano più di tre quarti delle riserve mondiali di greggio. Ma in che modo, e perché, è nato questo cartello economico?
Nel 1947 le cinque maggiori società petrolifere americane si unirono tra loro e con due grandi gruppi europei del petrolio. Nacque così il cartello delle "Sette Sorelle", composto da:
- Standard Oil Company of California (SOCal - futura Chevron)
- Standard Oil Company of New Jersey (SONJ - futura Exxon)
- Standard Oil Company of New York (SOCoNY - futura Mobil)
- Gulf Oil Corporation (inglobata nel 1984 dalla SOCal, diventando così Chevron)
- Texas Company (TexaCo - acquistata della Chevron nel 2001)
- Anglo-Iranian Oil Company (AIOC - futura British Petroleum Company)
- Royal Dutch Shell (anglo-olandese)
Mentre l'Occidente creava le "Sette Grandi", le borghesie mediorientali si univano più tardi nel loro cartello economico: l'OPEC.
La conquista del Middle East
Negli anni Cinquanta e Sessanta ci fu un cambiamento nella geografia del greggio: nel 1948 gli Stati Uniti d'America detenevano il 64% della produzione mondiale che nel 1972 precipitò al 22. Nello stesso arco di tempo, invece, il Medio Oriente passò dal 13 al 43%.
Le "Sette Sorelle" controllavano all'epoca il 90% del petrolio mediorientale, ma negli USA dovevano fare i conti con i cosiddetti "indipendenti" che detenevano ben il 60% della quota di mercato. Questi indipendenti erano perlopiù produttori usciti dallo smembramento della Standard Oil di Rockefeller, ed avevano grande influenza politica nei loro Stati e a Washington, nonché presso la Texas Railroad Commission che fissava i prezzi del greggio.
I produttori texani controllavano quasi il 40% del petrolio statunitense e, dopo la crisi di Suez, si erano opposti fermamente all'aumento della produzione petrolifera per rifornire l'Europa rimasta a secco, perché temevano un calo drastico dei prezzi. Solo dopo aver ottenuto 35 centesimi di dollaro in più a barile, cedettero.
A fine anni Quaranta, quando le Sette Sorelle si uniscono in cartello, il prezzo mondiale del greggio è di 2.50 dollari a barile: il costo di produzione e trasporto di ciascun barile texano era di 2.40 dollari, con un margine di guadagno, quindi, di soli 10 cents; in Medio Oriente, invece, produrre e trasportare un barile costava solo 75 cents, con un guadagno di ben 1.75 dollari. E' per questo motivo che gli indipendenti che potevano contare su esperienza e grandi capitali poterono spostarsi nella zona mediorientale fin dal 1947.
Il consorzio AmInOil (American Indipendent Oil Company), formato da Phillips Petroleum, Ashland Oil, Signal Oil & Gas, James Smither Abercrombie Interests, Sunray Mid-Continent Oil, Globe Oil and Refining, Pauley Petroleum Inc., vinse all'asta la concessione nella Zona Neutra del Kuwait, mentre l'asta per la parte della Zona Neutra saudita venne vinta dalla Pacific Western Company di Jean Paul Getty. La Pacific trovò il petrolio solo sei anni dopo, ma in quantità tale che nel 1957 Getty diventò l'uomo più ricco d'America.
La "conquista del Medio Oriente" da parte degli indipendenti fu la breccia da cui passò la diffusione del sistema fifty-fifty sui proventi tra compagnie petrolifere e borghesie nazionali.
Nel 1954 nacque un consorzio iraniano che, di fatto, rappresentò l'ufficializzazione delle Sette Sorelle: Enrico Mattei con la sua AGIP fu escluso da questa manovra, ed irato si accordò con l'Iran tre anni più tardi, lasciando il 75% dei futuri proventi al Paese, contro il 25 trattenuto dall'AGIP stessa. Questa mossa infranse la regola aurea del fifty-fifty, ma Enrico Mattei non trovò mai il petrolio in Iran. Nel frattempo il governo Eisenhower impose alle Cinque Grandi statunitensi di cedere il 5% del Consorzio a nove indipendenti americane, tra cui l'AmInOil e la Pacific.
Produttori contro compagnie
Quando Eisenhower nel 1959 attuò una politica protezionistica limitando le importazioni petrolifere sul suolo statunitense, l'Europa si ritrovò nella condizione di poter importare maggiori quantità di greggio per placare la propria sete. L'URSS rientrò nel mercato con prezzi molto competitivi rispetto a quelli mediorientali e la Libia divenne un rivale temibile, sia perché aveva aperto le porte a molti produttori indipendenti, sia perché non era direttamente immischiata nella questione politica del Canale di Suez.
Questi fattori produssero una diminuzione dei prezzi petroliferi (causando un calo di richiesta del carbone), tant'è che la British Petroleum si trovò costretta ad abbassare il prezzo del barile di 18 centesimi di dollaro. A sua volta, il calo dei prezzi di listino produsse una diminuzione degli introiti (tra royalties e tasse) da parte dei Paesi produttori: il potere decisionale sui prezzi era ancora in mano alle sole compagnie petrolifere.
Dal 16 al 23 aprile 1959 a Il Cairo, si tenne il Primo Congresso del Petrolio Arabo, quel meeting che fu definito dagli storici più attenti come l'atto di concepimento dell'OPEC. Tra gli osservatori presenti c'era il ministro venezuelano delle Miniere e degli Idrocarburi, che spinse i mediorientali ad aumentare le imposte verso le compagnie petrolifere affinché il divario dei costi di produzione tra Venezuela e Medio Oriente (80 cents contro 20) divenisse minore.
Il ministro venezuelano Juan Pablo Perez Alfonzo, insieme a quello saudita Abdullah Tariki, organizzarono un incontro segreto insieme ai rappresentanti di Egitto, Iran, Iraq e Kuwait in cui firmarono un accordo che prevedeva:
- la creazione di una commissione in difesa dei prezzi del greggio
- la formazione di gruppi petroliferi nazionali
- lo spostamento di percentuale di ricavo dal fifty-fifty al 60-40 a favore dei paesi produttori
- il miglioramento della raffinazione nazionale che aumentasse i profitti dei governi
Fu così che nella calma dei mesi seguenti il presidente della Exxon, una delle Sette Sorelle, pensò bene di tagliare del 7% (14 cents) il prezzo del barile: questa mossa innescò la reazione del primo ministro iraqeno, anti-nasseriano, Abdul Karim Kassem, che il 14 settembre 1960 riunì a Baghdad i cinque produttori mondiali detentori dell'80% del mercato petrolifero (Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait e Venezuela) fondando l'Organization of the Petroleum Exporting Countries, l'OPEC.
L'obiettivo di questo cartello dei produttori era quello di contrastare il potere delle compagnie petrolifere, facendo sì che lo si consultasse sui prezzi, che venisse introdotta una regolamentazione della produzione in stile modello americano e che tutti i componenti del trust reagissero insieme alle eventuali sanzioni adottate contro uno dei membri. Due anni più tardi aderirono altri tre Paesi: Indonesia, Libia, Qatar.
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In blu i Paesi fondatori dell'OPEC in azzurro i Paesi aderenti negli anni a seguire (ad oggi, Gabon ed Indonesia non ne fanno più parte) |
Una partenza claudicante
All'interno della nuova Organizzazione, però, la convivenza veniva resa difficile dell'eterogeneità delle parti: incompetenza, litigiosità ed ambizioni nazionali dividevano tra di loro le borghesie petrolifere. La serietà dell'OPEC veniva così a cadere, specialmente con l'indipendenza del Kuwait dalla Gran Bretagna, ottenuta nel 1961: l'Iraq ne rivendicò la sovranità, ma la Lega Araba si oppose e Kassem disertò le riunioni. Nel 1964 in Arabia Saudita salì al trono Faysal Al Saud, simpatizzante statunitense, che sostituì il ministro Tariki con Ahmed Zaki Yamani.
Dall'altra parte dell'Atlantico anche il Venezuela instaurò relazioni amichevoli con l'amministrazione Kennedy e Perez Alfonzo nel '63 si ritirò a vita privata, deluso dall'inutilità dell'OPEC.
Iran ed Arabia Saudita negli anni Sessanta cominciarono ad aumentare fortemente la produzione di petrolio per massimizzare i loro introiti, in barba all'obiettivo prefisso dai fondatori sul contingentamento, ossia la regolazione delle quantità massime di produzione.
Le Sette Sorelle, nonostante l'inefficacia dell'OPEC, riuscirono ad ottenere più garanzie dal governo USA grazie ad un accordo che prevedeva la protezione dalle sanzioni dell'Antitrust, ma solo se avessero agito insieme contro i produttori, cartello contro cartello.
L'Europa, in tutto questo, preferì intervenire nel campo dell'energia nucleare, aiutata dal governo Eisenhower fin dal 1953, soprattutto perché in questo settore non vi erano lobbies che potessero in qualche modo impattare sullo sviluppo dell'Europa potenza. Le questioni petrolifere, quindi, furono lasciate nelle mani dei singoli Paesi appartenenti alla Comunità.