Un mese fa si sono tenute le elezioni presidenziali in Ucraina, che hanno visto la pasionaria Julija Tymošenko a capo del partito nazionalista e conservatore "Patria" soccombere al vincitore del partito indipendente Petro Oleksijovyč Porošenko, scelto da quasi 10 milioni di elettori (54,70% dei votanti, 33% degli aventi diritto). Il tentativo di sbrogliare il groviglio ucraino è ora nelle sue mani.
Voti per Porošenko sugli aventi diritto nelle elezioni presidenziali del 2014 |
Il nuovo presidente, 48 anni, è un finanziere arricchitosi come altri nel caos seguito al crollo dell'URSS. Soprannominato il "re del cioccolato", in quanto proprietario del gruppo dolciario Roshen, ha esteso il suo impero dalla meccanica ai mass media. Nato nella regione di Odessa, Porošenko è entrato in politica alla fine degli anni '90 come cofondatore del partito delle regioni dell'ex presidente Viktor Janukovyč, per poi spostarsi sulla sponda dell'antagonista Viktor Juščenko, guadagnandosi con entrambi incarichi governativi, compreso quello di ministro degli Esteri. Dalla sua biografia si evince che è tanto un abile trasformista quanto un pragmatico uomo di sintesi.
La retorica putiniana
Volato in Crimea, alla base navale di Sebastopoli, per celebrare il 9 maggio, anniversario della resa tedesca ai russi nel 1945, il presidente russo Vladimir Putin in un breve discorso ha messo in fila altri tre anniversari della città: il 70° della cacciata dei tedeschi durante la Seconda Guerra mondiale, il 160° dell'"eroica difesa" nella guerra di Crimea, e il 230° di quando, nel febbraio 1784, la città ricevette il nome che porta oggi per decreto dell'imperatrice Caterina II.
In questo c'è tutta la retorica di un discorso fatto a veterani e marinai, ma ciò è anche rivelatore di una profondità storica che è fin dall'inizio parte integrante della presidenza Putin. Nella lettera con cui si è fatto conoscere al mondo alla fine del 1999, alla vigilia della sua nomina a presidente, aveva scritto: "La Russia è in uno dei periodi più difficili della sua storia. Per la prima volta negli ultimi trecento anni. è di fronte alla reale minaccia di scivolare nel secondo, e forse perfino nel terzo scaglione degli Stati mondiali". L'incubo è la Russia prima di Pietro il Grande (1672-1725), un Principato di Moscovia confinato nel continente senza sbocco al mare.
Il riferimento è anche rivelatore di come nell'attualità possono riemergere i retaggi storici, impugnati nelle odierne lotte tra le potenze. Laddove la storia ha sedimentato una quantità di materiali, nessuno si lascia sfuggire l'occasione di usarli. Uno di questi materiali storici è la "Nuova Russia" (Novorossiya), che proprio Caterina II battezzò e che oggi Putin afferra nella battaglia per legare a Mosca l'Ucraina.
In uno dei suoi discorsi in TV, ad aprile, Putin ricordò come la Russia perse nel tempo alcuni territori, ma non la gente che li abita. È questo retaggio di popolazioni che il presidente russo impugna per motivare la "protezione" che il suo Paese accorda alle regioni orientali dell'odierna Ucraina, oltre alla Crimea.
Dal XVI secolo a Caterina II
Ancora nel Cinquecento quelle aree erano steppe poco popolate verso cui si dirissero i cosacchi, uomini liberi e armati, spesso disertori o servi fuggiti, che lungo il corso del fiume Dnepr costituirono un loro dominio, chiamato Zaporozhje, ossia "oltre le cascate". È l'epoca in cui sull'Ucraina conversero gli interessi e gli appetiti dell'unione polacco-lituana (da Nord-Ovest), dell'impero turco (da Sud) e della Russia (da Nord-Est). A dividere il regno cosacco dal khanato di Crimea, dipendente dall'impero ottomano, c'era una fascia di terra spopolata, nota come "lande selvagge" a causa delle ripetute scorrerie.
Divisione dell'Ucraina in lande selvagge (color arancione) e Nuova Russia (color violetto) |
Per resistere alla pressione polacca, invece, nel 1654 il capo dei cosacchi Bohdan Chmel'nyc'kij (1596-1657, si pose sotto la protezione dello zar Alessio I dei Romanov (1629-1676): in quello stesso anno i russi fondarono la città di Kharkov e poco dopo si annetterono tutta l'Ucraina orientale fino a Kiev.
Nel corso del Settecento il potere cosacco declina, pagando anche l'errore compiuto all'inizio del secolo schierandosi contro lo zar Pietro il Grande (1672-1725) a fianco degli svedesi, sconfitti nel 1709 a 300 km a Est di Kiev. Fu però Caterina II (1729-1796), alla fine di quel secolo, a dare una svolta alla questione: nel 1764 soppresse la carica di atamano, nel 1783 conquistò la Crimea e avviò la colonizzazione di quelle "lande selvagge" che ormai avevano perso la funzione di dividere i contendenti, dando loro il nome di Novorossiya.
L'Ottocento e l'indipendenza
I russi avviarono la colonizzazione di quelle terre mettendole a coltura e fondandovi città come l'odierna Dnepropetrovsk e Odessa. Di quest'ultima, così come dell'intera Nuova Russia di cui sarà la capitale, agli inizi dell''800 è governatore un generale francese discendente dal cardinale Richelieu, Armand Emmanuel de Vignerot du Plessis de Richelieu (1766-1822), il che diede alla città fin dalle origini un carattere cosmopolita: a Odessa si concentreranno le minoranze perseguitate di mezza Europa, a partire dagli ebrei. Il suo porto sarà il terminal di passaggio dei cereali prodotti nel "granaio d'Europa" e che qui verranno imbarcati verso Genova, Livorno e Marsiglia.
A fine Ottocento un nuovo flusso di popolazione si riversò nella regione provenendo dalla Russia: erano in gran parte ex contadini che diventavano operai, attirati dalle grandi fabbriche in costruzione nelle terre come il Donbass, di giacimenti carboniferi e metallurgici. Emerse in quegli anni un problema destinato a travagliare tutto il successivo periodo rivoluzionario: le città dell'Est sono proletarie e russe, immerse in un mondo ucraino e contadino. Il bolscevismo, lì, era un movimento urbano e "straniero".
Lenin, dopo la Rivoluzione d'Ottobre, prenderà in conto questa difficoltà, cercando di superarla con una linea attenta a quelle spinte nazionali. Il 28 dicembre 1920, al termine della guerra civile contro le armate bianche zariste che aveva visto proprio in Ucraina uno dei suoi più sanguinosi campi di battaglia, è concluso il trattato bilaterale: viene firmato dallo stesso Lenin e riconosce il diritto di autodecisione, l'indipendenza e la sovranità dei contraenti.
Nel marzo dell'anno successivo la Pace di Riga, che pone fine alla guerra russo-polacca, assegna alla Polonia tutta la parte occidentale dell'Ucraina, le storiche Volinia e Galizia e parte della pianura podolica. Il Paese che alla fine del 1922 entra a far parte della neonata URSS è quindi solo la parte centro-orientale, con una forte componente russa e Kharkov come capitale: è ciò che lamenta Putin quando accusa "il governo sovietico" di aver dato all'Ucraina un territorio storicamente russo.
La questione nazionale con Stalin e Putin
In realtà qui è chiamato in causa lo specifico federalismo staliniano. Proprio contro l'impostazione di Stalin, allora commissario del popolo per gli Affari delle nazionalità e favorevole al predominio dell'elemento russo all'interno della nuova Unione, Lenin combatte la sua ultima battaglia. Se nella forma Lenin riesce a imporre il suo progetto fondato sull'uguaglianza delle repubbliche, nella gestione che Stalin ne farà l'elemento grande-russo sarà prevalente. La tattica utilizzata da Stalin per arginare le mobilitazioni nazionaliste contro Mosca, era quella di costituire grandi entità territoriali entro le quali far convivere diversi gruppi etnici assieme a minoranze di russi sparsi in repubbliche non russe. Una tattica che non finì con lo stalinismo.
Anche il suo successore Nikita Chruščëv (1894-1971) agirà nella stessa logica, basti pensare alla cessione della Crimea all'Ucraina nel 1954. Oggi Putin fa mostra di rifiutare e condannare la politica staliniana delle nazionalità, da lui spacciata per "bolscevica", ma nello stesso tempo la impugna a proprio vantaggio, per rivendicare il carattere russo di quelle regioni: dalla Crimea alla Nuova Russia, fino alla Transnistria in Moldavia. Afferrando la questione nazionale, fa del capitolo ucraino della nuova spartizione una battaglia dell'unificazione russa in senso lato. E proprio la ricostruzione dell'influenza russa nello spazio eurasiatico resta la missione cui intende legare il suo nome.