La crisi del 1973 - Parte II

09/02/09

09/02/09


L'intensità di questa crisi parziale dell'imperialismo venne misurata dalle quattro armi strategiche impiegate:

I ponti aerei militari

Il conflitto arabo-israeliano dell'ottobre 1973 fu una guerra di attrito ad alto consumo bellico. Israele, costretto alla difensiva, vide esaurirsi le sue scorte militari già nella prima settimana di conflitto. Nei primi tre giorni di guerra aveva perso 500 carri e 49 aerei. Nel complesso furono persi 3000 carri armati, arabi per il 75 %. La cattiva manutenzione causò probabilmente più danni dei colpi nemici.

I belligeranti si rivolsero ai loro protettori. Nel quinto giorno di guerra, il 10 ottobre, l'Unione Sovietica avviò un massiccio ponte aereo con la Siria e l'Egitto, con 70 missioni al giorno. Gli USA esitarono per alcuni giorni. Nelle loro memorie, Richard Nixon e Kissinger indicano, come oppositore degli aiuti plateali a Israele, il segretario alla Difesa James Schlesinger. Ma il biografo di Nixon, Stephen Ambrose, riporta anche un'altra versione, quella del capo delle operazioni navali americane, Elmo Zumwalt, secondo il quale gli aiuti furono ritardati su ordine di Kissinger. Questi voleva rendere più malleabile il governo d'Israele e attuare un complesso linkage: barattare l'aiuto ad Israele con il ritiro da parte della lobby ebraica dell'appoggio all'emendamento del senatore Henry Jackson a favore della libera emigrazione ebraica dall'URSS, posta come condizione per concedere all'Unione Sovietica lo status di Nazione più favorita nelle relazioni commerciali. Quando il primo ministro Golda Meir comunicò a Washington che il suo Paese era allo stremo per mancanza di munizioni, Nixon ruppe gli indugi e, nella notte tra il 13 e il 14 ottobre, gli USA lanciarono il loro ponte aereo militare.

Il confronto mediorientale si trasformò in una battaglia logistica tra le superpotenze. Nelle sue memorie, Memoirs of Richard Nixon, 1978, Nixon vanta "un'operazione più importante del ponte aereo di Berlino del 1948-1949". Il giudizio appare esagerato, ma con 550 missioni gli USA inondarono l'alleato con materiale bellico e gli permisero di passare alla controffensiva. La battaglia dei ponti aerei dimostrò la netta supremazia logistica americana, ma anche l'isolamento politico di Washington. Nessuno dei grandi alleati europei accettò di mettere a disposizione le sue basi aeree per la realizzazione del ponte. Solo l'Olanda e, per sole due settimane, la Germania Federale fiancheggiarono gli USA. Il Portogallo, minacciato da Kissinger di essere abbandonato al suo destino, offrì una base nelle Azzorre.

Il 10 ottobre, mentre i russi avviavano il ponte aereo, il vicepresidente americano Spiro Agnew si dimise perché scoperto evasore fiscale. Due giorni dopo, la corte d'appello ordinò a Nixon di consegnare agli inquirenti le registrazioni che potevano incriminarlo e, quello stesso giorno, mentre Nixon sceglieva il nuovo vicepresidente e discuteva sull'opportunità di imbastire un ponte aereo, il Congresso approvò la War Powers Resolution, "il cui scopo", dice Kissinger, "era di ridurre il potere discrezionale del presidente nell'impiego delle forze militari". Nixon, nel vortice dello scandalo Watergate, che sempre Kissinger definì "la più grave crisi costituzionale interna del secolo", era re senza poteri, come Lear in mezzo alla tempesta. Nel secondo volume delle memorie Kissinger dice: "Il suo coraggio non era scomparso, ma era troppo preoccupato per elaborare le decisioni; la responsabilità era passata a me".



L'OPEC e il petrolio

L'arma petrolifera entrò in scena nel terzo giorno di guerra, l'8 ottobre 1973. A Vienna iniziò un nuovo negoziato e l'OPEC chiese un raddoppio del prezzo ufficiale del petrolio, da tre a sei dollari; le compagnie offrirono solo 45 cent di aumento. All'indomani della controffensiva israeliana, il 16 ottobre a Kuwait City i delegati dell'OPEC decisero un aumento del prezzo ufficiale del greggio del 70 %, a 5.11 dollari, allineandolo al prezzo del mercato libero.

L'era del prezzo concordato tra Paesi produttori e compagnie era finita. L'OPEC prese le redini del mercato e proclamò di non accettare più che i governi dei Paesi consumatori si impossessassero, attraverso le imposte, del 66 % del prezzo finale del petrolio, contro il 9 ottenuto dai produttori.Il 17 ottobre i Paesi arabi dell'OPEC (senza l'Iran) si concentrarono sull'uso dell'arma petrolifera. Il piano approvato prevedeva che i convenuti tagliassero ogni mese il 5 % della loro produzione e differenziassero le forniture sulla base della posizione dei Paesi consumatori verso il conflitto arabo-israeliano. Una clausola segreta stabiliva che "gli USA venissero sottoposti ai tagli più consistenti". La novità rispetto al 1956 e al 1967 stava proprio nei tagli crescenti della produzione che avrebbero reso più difficile l'aggiramento delle misure discriminatorie. L'embargo vero e proprio fu scatenato il 19 ottobre, dopo che Nixon rese pubblico un piano di aiuti militari a favore di Israele di 2.2 miliardi di dollari. Prima la Libia e poi l'Arabia Saudita sospesero tutte le forniture petrolifere agli USA. L'incerto alleato saudita era passato al campo ostile.


La neutralità europea

L'obiettivo strategico di Kissinger era di impedire che l'URSS sfruttasse la crisi per rientrare in forze nel Medio Oriente e soprattutto di evitare iniziative indipendenti dell'Europa. Bisognava raffreddare, scrive Kissinger, "i bollori dei nostri alleati europei che potevano essere tentati di adottare approcci più unilaterali". Ma non fu possibile perché molti europei erano "sinceramente convinti [...] che avevamo messo in pericolo interessi vitali dell'Europa per ragioni di politica interna americana".

Sempre secondo Kissinger, "la posizione europea non era certo superficiale; la dipendenza petrolifera dell'Europa si combinava alla frustrazione di essere solo spettatrice di una crisi in una regione in cui un tempo aveva avuto un ruolo egemone".

Nelle relazioni tra le potenze, la neutralità non è mai indifferenza: è azione strategica. Kissinger respinge "l'argomento essenzialmente legalistico" degli europei che gli obblighi NATO non riguardavano il Medio Oriente.


Allerta nucleare contro Mosca

Il 24 ottobre "all'improvviso i leader sovietici decisero per lo showdown". Brezhnev con una lettera urgente chiese che gli USA e l'URSS inviassero "un contingente misto" per assicurare la tregua; in caso contrario, Mosca si riservava di "intraprendere unilateralmente passi appropriati". "L'evidente debolezza di Nixon era decisamente legata alla plateale sfida che il Politburo ci aveva lanciato". Se Washington avesse accettato l'ultimatum di Mosca, le truppe russe sarebbero rientrate in Egitto e, peggio ancora, "la Cina e l'Europa sarebbero rimaste sconvolte nel vedere USA e URSS collaborare sul piano militare in una regione di importanza cruciale". La risposta di Washington fu la dichiarazione dello stato di massima allerta convenzionale e nucleare in tempo di pace e l'avvertimento a Mosca che "iniziative unilaterali" avrebbero avuto "conseguenze incalcolabili".

In seguito Kissinger rifletterà sull'azzardo di quell'atto "al momento della massima debolezza", e parlerà di "politica di bluff" e di una partita giocata ai "tempi supplementari". Alexander Haig, capo dello staff della Casa Bianca, ritenne che anche la mossa russa fosse stata un bluff. Il doppio bluff rappresentò l'apice della guerra dello Yom Kippur ma anche il tentativo di riportare dentro gli schemi del gioco bipolare una contesa imperialistica diventata multipolare. Tutti i governi europei, Londra inclusa, presero le distanze dall'allarme nucleare e la Repubblica Federale ritirò del tutto il suo parziale sostegno al ponte aereo americano. Ricorda Kissinger: "eravamo infuriati per la sensazione di essere abbandonati nel corso della crisi, con i nervi a fior di pelle". Anche i Paesi petroliferi non si impressionarono troppo. L'embargo continuò fino al 18 marzo 1974. A fine dicembre 1973 l'OPEC, stavolta sotto la spinta dell'Iran, aumentò il prezzo ufficiale del greggio a 11.65 dollari, quadruplicandolo rispetto alla vigilia della guerra dello Yom Kippur. L'inflazione degli anni Settanta fu in parte uno degli effetti della crisi del 1973. Un secondo effetto fu una nuova riflessione sulla deterrenza nucleare. Un terzo effetto fu il tentativo di riequilibrare le relazioni atlantiche, attraverso un "direttorio" informale, prima a cinque membri e poi a sette, inaugurato due anni più tardi, a Rambouillet.

Il balzo dei prezzi petroliferi alla fine del 1973 ebbe il ruolo di acceleratore e diffusore dell'inflazione già messa in moto dalla rapida espansione simultanea di tutti i maggiori Paesi industriali nel 1972. I prezzi delle materie prime non alimentari erano già cresciuti (secondo l'indice del The Economist) del 25 % nel secondo semestre 1972 e di oltre il 50 % nel primo semestre 1973. Il realista Henry Kissinger negò ogni oggettività economica agli aumenti petroliferi; erano prezzi artificiali, decisi politicamente. All'ONU dichiarò: "Quello che una decisione politica ha fatto, una decisione politica può disfare". In una riunione di ministri delle Finanze e banchieri centrali spiegò: "Le poste in gioco vanno al di là dei prezzi del petrolio e dell'economia, e includono tutta la struttura delle relazioni politiche future. Se i produttori continuano a manipolare i prezzi senza che i consumatori elaborino una risposta efficace, inevitabilmente si produrrà un trasferimento di potenza".