La guerra in Afghanistan (2001)

09/12/11

09/12/11



La guerra civile del 1989-'92 vide sconfitte le truppe di Najibullah per mano dello schieramento dei mujaheddin, tra cui c'erano i tagiki di Burhanuddin Rabbani, fondatore del partito JI (Jamiat-I-Islami, Associazione Islamica), e Ahmad Shah Massoud (assassinato due giorni prima degli attacchi dell'11 settembre 2001). Seguì un governo di coalizione con Rabbani presidente della Repubblica e Massud ministro della Difesa che non esitò a reprimere la rivolta degli hazara di Kabul bombardandoli ed uccidendone a migliaia. Come Primo Ministro venne scelto Gulbuddin Hekmatyar, rappresentante dei pashtun che dovevano accontentarsi solo di quella carica.

La seconda fase della guerra civile durò quattro anni, fino al 1996 e vide scontrarsi i numerosi pashtun, che occupavano da sempre il Sud-Est, e tutte le altre etnie nord-occidentali (tra cui tagiki, hazara ed uzbeki). In appoggio pashtun c'erano il Pakistan, l'Arabia Saudita e, indirettamente, gli USA, mentre a fianco delle etnie settentrionali di schierarono l'Iran e la Russia con le sue ex-repubbliche Tagikistan ed Uzbekistan.


Ruolo centrale in questa guerra lo ebbe il Pakistan che voleva sia evitare il prevalere del Nord, sia porre fine all'instabilità politica dell'Afghanistan per poter fare i suoi interessi su quella terra. Sul finire del 1994 lo Stato di Islamabad reclutò migliaia di studenti pashtun (e quasi tutti profughi afghani) nelle scuole coraniche, li caricò su duemila camion sotto il comando di ufficiali pakistani, e li iniziò alla conquista afghana partendo dal Sud e da Kandahar, la regione del mullah Omar, che diventò così di fatto la capitale dei talebani (talebano era appunto il nome dato a questi "studenti" del Corano). Il 26 settembre 1996 i talebani entrano in Kabul ed i partiti del Nord furono costretti a rifugiarsi verso i confini tagiki ed uzbeki.

La terza fase della guerra civile durò dal 1996 al 2001 e fu la più blanda, caratterizzata da pochi scontri armati e sempre dal predominio politico-territoriale dei talebani.


Osama bin Laden

La Jihad, ossia la guerra santa contro gli infedeli russi che avevano invaso uno Stato islamico, aveva richiamato decine di migliaia di arabi da diversi Paesi. Tra questi vi fu Osama bin Laden che ebbe un ruolo rilevante sia nella gestione dei flussi finanziari, sia nella logistica, grazie soprattutto al fatto che il padre avesse la più grande azienda edile dell'Arabia Saudita. Dopo la ritirata russa molti di questi jihadisti tornarono nei loro Paesi e così fece anche bin Laden.

È proprio negli anni della prima guerra afghana che gli USA "assoldano" bin Laden e ne finanziano i progetti militari per contrastare il nemico sovietico.

Il consigliere per la Sicurezza Nazionale USA Zbigniew Brzezinski
con Osama Bin Laden (sotto falso nome "Tim Osman") nel 1979

Sconfitta la Russia, egli si rivolse all'altro grande nemico infedele: gli Stati Uniti d'America, intervenuti a sostegno del Kuwait contro l'invasione di Saddam Hussein del 1990 ed i cui militari si erano stanziati proprio in Arabia Saudita, in particolare nelle due città sante dell'islamismo, La Mecca e Medina. Bin Laden lotta sia contro la presenza americana che contro la monarchia saudita e per questo viene allontanato e gli è tolta la cittadinanza. Si sposta in Sudan ed anche qui è costretto ad espatriare nel 1996, così torna in Afghanistan dove i talebani si stavano ormai imponendo.

Bin Laden conquistò la fiducia del mullah Omar specialmente al suo contributo militare e finanziario per la presa del potere sulle etnie alleate nel Nord-Ovest. Il loro rapporto era talmente stretto che ognuno dei due prese in sposa la figlia dell'altro.

Il ricco saudita passato con i talebani è l'organizzatore di numerosi attentati, tra cui quelli del 1998 contro le ambasciate americane nello Yemen e a Nairobi, e quello che colpì il cuore degli Stati Uniti d'America l'11 settembre 2001.

La guerra ha inizio

Il 7 ottobre 2001 gli aerei statunitensi cominciano a bombardare l'Afghanistan, patria dei terroristi di al-Qaida il cui capo storico fin dal 1988 era proprio bin Laden. Contro i talebani si schierò l'Alleanza del Nord che comprendeva i partiti islamici delle etnie tagika, hazara sciita, uzbeka, pashtun.

I primi problemi che dovettero affrontare gli USA furono di carattere logistico e diplomatico. Promettendo al Pakistan un intervento finanziario del Fondo Monetario Internazionale e la sospensione delle sanzioni economiche imposte a questo Paese dopo i test nucleari che fece a fine anni Novanta, essi si assicurarono il suo sostegno. Gli aerei potevano così sorvolare i cieli pakistani e Kabul rimase isolata diplomaticamente e militarmente.

Il passo successivo fu quello di stringere un rapporto con la Russia, la quale fornì supporto all'Alleanza del Nord: dai carroarmati T-55 e T-65, alle armi d'assalto, dalla libertà di sorvolo sul proprio spazio aereo ai veicoli blindati per il trasporto delle truppe.


La psicologia delle forze talebane venne rotta dai bombardamenti fatti con le PMG, Precision-Guided Munitions, con le bombe a grappolo e con le Daisy Cutter (classiche bombe da 7 tonnellate) ed abbandonarono il campo anche soldati dell'Alleanza del Nord. Talebani e guerriglieri di al-Qaida si ridussero da 25 mila unità a poco più di 10 mila ed il loro errore più grande fu quello di contrastare i raid aerei americani con una guerra di posizione. L'Alleanza del Nord poteva contare su circa 18 mila uomini, pertanto poté condurre la guerra di terra: in quattro giorni i due alleati conquistarono la città di Mazar-i-Sharif, dando un duro colpo alle forze terroristiche e talebane.

Nelle mani dell'Alleanza del Nord caddero poi Kabul (12 novembre) e Kandahar (7 dicembre), quartier generale talebano.

Fino al 2003 ci furono altri scontri, in particolare sulle montagne, finché in estate i talebani si rinforzarono reclutando uomini pashtun sia in Afghanistan che in Pakistan e pianificando numerosi attentati.

Oggi la guerra è ancora in corso, ha visto impegnati circa 600 mila uomini tra americani, europei, canadesi, turchi e ribelli (100 mila). I morti lasciati sui terreni di scontro ammontano a circa 7 mila afghani dell'Alleanza del Nord e dell'esercito, 70 mila talebani e ribelli di al-Qaida, 4 mila della coalizione NATO. I civili morti sono stati circa 30 mila di cui un migliaio causati dai bombardamenti durante l'operazione iniziale Enduring Freedom.


Un mondo senza guerre?

Scrive il Segretario di Stato USA Henry Kissinger a fine ottobre 2001: "La guerra al terrorismo non consiste solo nel dare la caccia ai terroristi. Consiste, soprattutto, nello sfruttare la straordinaria opportunità che si è presentata di rinnovare il sistema internazionale. [...] I rapporti con gli ex nemici possono andare ben oltre l'eliminazione dei resti della Guerra Fredda e trovare un nuovo ruolo per la Russia post-imperiale e per la Cina che emerge come grande potenza. Anche l'India assume un importante ruolo globale".

Il presidente francese Jacques Chirac osservava in quei giorni che gli eventi drammatici dell'11 settembre avevano colpito per sempre la "visione utopistica" di chi si aspettava un nuovo millennio di pace, che si lasciasse alle spalle il secolo delle due guerre mondiali, della Shoah, dei gulag...

Possiamo stimare che dal 1945 al 2000 tutte le guerre abbiano causato ventidue milioni di morti e che il prodotto di tutti i Paesi in via di sviluppo sia decuplicato passando da 1400 miliardi di dollari a 14 mila miliardi. Con un tasso di quasi due morti ogni milione di dollari di incremento statistico, c'è ancora chi pensa che lo sviluppo economico capitalistico possa eliminare guerra e/o terrorismo. È proprio l'ineguale sviluppo tipico di questo sistema produttivo che impossibilita ogni forma di equilibrio e produce guerre, crisi e terrorismi, checché ne dicano le ideologie e le propagande di partito.