Green Hill Srl è un'azienda del gruppo statunitense Marshall Farms, specializzato in allevamento di cani e furetti per la vendita alle aziende farmaceutiche ed università che fanno sperimentazione scientifica. Green Hill Srl è sita in Montichiari (provincia di Brescia) e di recente è apparsa sulle prime pagine dei quotidiani nazionali per essere stata posta sotto sequestro preventivo dalla magistratura a seguito di manifestazioni e anche denunce da parte di persone ed associazioni animaliste, secondo cui, in detta struttura, gli animali allevati (cani di razza Beagle) sarebbero stati tenuti in condizioni non legali.
Prendiamo spunto da questo fatto di cronaca per capire veramente cos'è la sperimentazione animale a fini biomedici. Specifichiamo, inoltre, che ogni difesa verso un'azienda non è affar nostro, anzi. Qui si difende la scienza che, purtroppo, in questo sistema è ancora al soldo del capitale.
Vengono riportati di seguito degli estratti (fedeli a parte: titoletti, grassettatura, link e immagini) da "Farmacologia e sperimentazione", del professor Silvio Garattini dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano.
Perdonate la lunghezza, ma vi consiglio di trovare la voglia ed il tempo per questa lettura, al fine di comprendere al meglio la questione sulla sperimentazione animale a fini biomedici (la contrarietà di quella cosmetica, invece, mi trova assolutamente concorde):
Premesse
[...] Sebbene il valore storico della sperimentazione animale sia indiscutibile, in periodi ricorrenti viene rimessa in questione da vari gruppi di pressione la legittimità del suo impiego per il progresso delle conoscenze biomediche e lo sviluppo di nuovi "mezzi" diagnostici e terapeutici. Le argomentazioni utilizzate sono state per molto tempo di tipo emotivo-ideologico; in epoca più recente, invece, il movimento cosiddetto "antivivisezionista" tende a legittimare le proprie asserzioni con considerazioni di ordine scientifico: si rimprovera ai ricercatori biomedici di continuare a utilizzare con pigrizia vecchie tecniche che richiedono l'impiego degli animali, mentre la scienza "moderna" sarebbe in grado di utilizzare tecniche completamente diverse. Prima di entrare nel vivo del problema è forse utile sgombrare il campo da alcune false informazioni che - grazie anche ai frequenti e spesso acritici interventi dei mass media - rischiano di passare per fatti dimostrati.
Anzitutto sarebbe opportuno sostituire il termine "vivisezione", che suscita emozioni e immagini di orrore e di sangue, con quello più corretto di "sperimentazione animale". Non si capisce perché un intervento eseguito su animali da esperimento si debba chiamare vivisezione, mentre lo stesso intervento condotto sull'uomo si chiama operazione chirurgica; o perché lo studio degli effetti di un farmaco nell'uomo si chiami sperimentazione, mentre lo stesso studio nell'animale da esperimento sia considerato vivisezione. [...]
Quando l'opinione pubblica pensa alla sperimentazione animale pensa soprattutto agli animali con cui ha più contatto e ai quali è legato per ragioni affettive. [...]La mobilitazione degli ambientalisti contro la sperimentazione animale è anch'essa incomprensibile, dato che gli animali impiegati non esisterebbero se non esistesse la sperimentazione; infatti, poiché gli animali utilizzati devono avere caratteristiche genetiche ben definite e perciò essere appositamente allevati in centri specializzati, non possono essere certamente raccolti a caso. In questo senso è sicuramente accettabile da tutti la legge che vieta l'impiego degli animali randagi (cani e gatti) per la sperimentazione animale.
Le immagini che spesso vengono proposte all'opinione pubblica - cani o scimmie durante una operazione chirurgica - sono vecchie di molti anni e in molti casi non se ne conosce neppure l'origine; esse vengono mostrate col preciso scopo di suscitare emozioni e sensazioni di dolore. In realtà, oggi nella sperimentazione animale vengono prese tutte le precauzioni possibili per evitare la sofferenza. L'uso dell'anestesia, delle cure postoperatorie, l'attenzione a evitare stress sono diventate pratiche strettamente legate alla professionalità del ricercatore.
Indipendentemente da ogni considerazione di carattere "umanitario", la buona riuscita di un esperimento, la sua attendibilità e la sua riproducibilità dipendono dall'evitare in modo assoluto all'animale ogni danno che potrebbe poi interferire con il significato dei risultati ottenuti. Nell'ambito della sperimentazione animale sono stati perfino messi a punto anestetici e analgesici specifici per una determinata specie animale, che, fra l'altro, possono essere utilizzati con successo quando vi sia la necessità di un intervento chirurgico indipendentemente da ragioni di sperimentazione.
Costi e leggi
Vengono spesso avanzati argomenti di ordine economico, secondo i quali, ad esempio, l'uso degli animali sarebbe dettato solo da volontà di risparmio. In realtà è vero il contrario, perché mantenere degli animali - come è necessario - in buone condizioni di stabulazione, con dieta controllata, aria condizionata, temperatura e umidità costanti, costa certamente molto di più degli studi condotti in vitro. [...]
Un'altra accusa che si rivolge ai ricercatori è quella di eseguire esperimenti inutili che non daranno mai risultati interessanti. È forse il caso di sottolineare il fatto che la ricerca scientifica spesso non dà risultati prevedibili, altrimenti non vi sarebbe alcuna ragione per effettuarla. È pertanto impossibile valutare a priori quale sarà il destino - a breve o a lunga scadenza - di una osservazione scientifica ed è difficile giudicare della validità e opportunità di un esperimento. Quando si sono iniziati i primi studi sui trapianti di organo negli animali, nessuno poteva prevedere che saremmo giunti a trapiantare con successo organi come il rene, il fegato e il cuore nell'uomo. Se all'epoca di questi studi fosse stato dato un giudizio - anche da persone competenti - sarebbe stato con tutta probabilità un giudizio negativo e l'attività dei ricercatori sarebbe stata considerata dai più come stravagante e senza senso. [...]
Esiste anche la convinzione che gli scienziati che si avvalgono della sperimentazione animale siano dei sadici che sfogano attraverso la ricerca i loro bassi istinti. Si tratta evidentemente di affermazioni che non val la pena di smentire, ma che spesso colpiscono l'opinione pubblica anche per la diffusa convinzione che "chi ama gli animali ama gli uomini". Ci sarebbe molto da discutere su quest'ultimo punto: basti ricordare che l'unico paese al mondo a proibire la sperimentazione animale è stata la Germania nazista!
Tuttavia, non vi è dubbio che anche fra i ricercatori - come in tutte le altre professioni - possono esistere individui privi di professionalità o che presentano comportamenti devianti. In questi casi - peraltro finora pochissimi - si può far ricorso alla legislazione esistente e ogni giusta azione in questo senso non può che trovare concorde la maggioranza dei ricercatori, che ha tutto l'interesse a eliminare dalla comunità scientifica coloro che non sono degni di farne parte. [...]
Nel 1992 è stata introdotta in Italia una nuova legge sulla sperimentazione animale (d.l. n. 116, Gazzetta Ufficiale, suppl. 40, 18 febbraio 1992) sulla base delle direttive della Comunità Europea. L'Italia ha recepito tali direttive in modo molto rigido e severo. Tutti i laboratori (pubblici e privati) che intendono svolgere sperimentazione animale devono ottenere una specifica autorizzazione. Per ottenere tale autorizzazione occorre disporre di stabulari con precise caratteristiche tecniche (temperatura, umidità, ricambi d'aria, servizi, dimensione delle gabbie, ecc.) e presentare un programma di ricerca, con relativi protocolli validi per un triennio. L'autorizzazione richiede un sopralluogo da parte di ispettori; ogni laboratorio deve avere la consulenza di un medico veterinario. Per esperimenti che richiedono di essere compiuti senza anestesia, come pure per l'impiego di cani, gatti o Primati, è necessario un permesso speciale, concesso di volta in volta dal Ministero della Sanità. Le sanzioni pecuniarie e penali per i trasgressori sono molto severe. [...]
Differenze uomo-animale
Secondo la prima obiezione avanzata dagli oppositori della sperimentazione animale, sarebbe impossibile utilizzare per l'uomo gli studi fatti sugli animali, date le differenze esistenti tra le specie. Che gli animali siano differenti dall'uomo non è ovviamente in discussione. Esistono però anche delle somiglianze, relative, ad esempio, ad alcune funzioni fondamentali, quali quella del sistema nervoso, la respirazione, la circolazione, la riproduzione. È importante, perciò, capire a fondo tali differenze e somiglianze per poter utilizzare i risultati ottenuti nell'animale a beneficio dell'uomo (e degli stessi animali!). [...]
Gli oppositori portano sempre come esempio della inutilità della sperimentazione animale il caso della talidomide. Ma la tragedia della talidomide, con le migliaia di bambini nati con malformazioni che il suo impiego ha causato, prova proprio il contrario. Infatti, all'epoca della scoperta della talidomide come farmaco sedativo, gli studi di tossicità si limitavano agli animali normali e non includevano anche gli animali gravidi. Altrimenti, si sarebbero individuati degli effetti [...] che avrebbero messo in allarme gli sperimentatori. La talidomide, infatti, è teratogena in varie specie animali - e in particolare nel coniglio - quando venga somministrata all'inizio della gravidanza. Da allora, purtroppo solo da allora, è diventato obbligatorio per ogni farmaco uno studio degli effetti esercitati sulla riproduzione in almeno due specie animali. [...]
La sperimentazione animale ha invece contribuito moltissimo al progresso delle nostre conoscenze e al miglioramento della nostra capacità di curare alcune malattie. Basti pensare al ruolo che hanno avuto i vaccini; ad esempio, prima del vaccino contro la poliomielite, solo in Italia alcune migliaia di bambini ogni anno si ammalavano di questa terribile e invalidante malattia; dopo l'obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica, i casi sono diminuiti in modo impressionante e in questi ultimi anni non si è avuto in Italia un solo caso. Chi mai può negare l'importanza della sperimentazione animale nella scoperta e nello sviluppo di tale vaccino? Questo è solo un esempio, ma sono numerosissimi i farmaci che - studiati per la prima volta negli animali - vengono correntemente impiegati nell'uomo. [...]
In molti casi è proprio la mancanza di un modello animale che impedisce di studiare possibilità terapeutiche; ad esempio, fra le molte difficoltà che si frappongono alla scoperta di farmaci o di vaccini anti-AIDS è certamente significativa la mancanza di un modello che possa riprodurre le caratteristiche di questa malattia almeno in una specie animale. [...]
Sperimentazione in vitro e in vivo
La seconda argomentazione di coloro che sono contrari alla sperimentazione animale è quella relativa alla possibilità di utilizzare tecniche alternative, quali colture cellulari, sistemi enzimatici, modelli matematici.
Tuttavia, attualmente disponiamo di tecniche alternative alla sperimentazione animale solo in casi molto particolari e specifici. Anche la possibilità - aperta dai più recenti sviluppi tecnologici - di utilizzare cellule di provenienza umana in vitro non risolve il problema per alcune fondamentali ragioni che cercheremo di riassumere qui di seguito.
In primo luogo, le cellule di qualsiasi specie animale coltivate in vitro cambiano considerevolmente le loro caratteristiche morfologiche, funzionali e biochimiche rispetto a quelle riscontrabili in vivo. Ad esempio, le cellule neuronali in coltura crescono molto rapidamente, mentre è noto che in vivo queste cellule normalmente non si moltiplicano; è chiaro che questa differenza di comportamento implica l'esistenza di un metabolismo diverso rispetto alla situazione in vivo; è anche chiaro che l'effetto di un farmaco può essere molto diverso in vitro, proprio per la diversità del metabolismo cellulare, rispetto a quanto può accadere in vivo.
In secondo luogo, le cellule in vitro non hanno contatti con altre cellule, mentre invece in vivo la funzionalità di un tessuto dipende proprio dall'interazione fra le funzioni delle varie cellule. Molti tessuti hanno una innervazione che ne determina lo stato funzionale; ovviamente non è possibile riprodurre questa situazione in vitro e quindi ci troviamo di fronte a una condizione semplificata, incompleta, rispetto a quella presente in vivo.
In terzo luogo, le cellule in vivo sono irrorate dal sangue, che porta non solo elementi nutritivi, ma soprattutto ormoni e altri fattori che regolano le funzioni cellulari in rapporto con gli stati funzionali dell'organismo. In vitro, invece, anche se si possono aggiungere fattori nutritivi e ormoni, manca ovviamente questa situazione dinamica.
Infine, la somministrazione di una sostanza chimica in vivo comporta spesso una sua trasformazione. L'organismo, infatti, determina la formazione di altre specie chimiche, spesso biologicamente attive e pertanto in grado di esercitare effetti farmacologici e tossici. È impossibile, almeno per il momento, riprodurre in vitro una situazione qualitativamente e quantitativamente comparabile a quella in vivo.
Tecniche alternative
Oltre alle colture in vitro, gli oppositori della sperimentazione animale propongono anche altre metodologie, quali ad esempio l'impiego di organi isolati, di preparazioni enzimatiche, di modelli matematici, di programmi computerizzati, di banche dati, ecc. Tutte queste metodologie sono già impiegate dai ricercatori biomedici: si tratta di tecniche che hanno grande interesse e che spesso riescono a dare risultati di notevole importanza e a ridurre l'impiego di animali. Tuttavia, è impossibile pensare, almeno per il prossimo futuro, che queste tecniche rappresentino un'alternativa all'impiego di animali, poiché esse sono ancora più riduttive delle colture cellulari, che pure sono un pallido modello della situazione presente in vivo anche nel più semplice degli organismi viventi.
Gli oppositori della sperimentazione animale danno anche grande enfasi alla utilità degli studi epidemiologici, cioè degli studi di popolazione compiuti attraverso metodi retrospettivi o prospettici. Tuttavia queste tecniche, pur rientrando a buon diritto tra le metodologie biomediche, affrontano un solo aspetto dei molti problemi che la medicina deve risolvere. Infatti, l'epidemiologia retrospettiva permette di ottenere dati importanti sui fattori di rischio delle malattie, ma questi devono essere corroborati da dati biologici che ne verifichino il rapporto di causa ed effetto. Per quanto riguarda gli studi prospettici, qualsiasi tentativo di modificare la storia naturale di una malattia non può nascere solo da un'idea: questa deve essere sostenuta da una serie di osservazioni sperimentali che devono essere necessariamente condotte sugli animali da esperimento e su piccoli gruppi di pazienti prima di coinvolgere intere popolazioni. Bisogna infatti ricordare che qualsiasi intervento farmacologico non è solo portatore di effetti benefici, ma è anche accompagnato da effetti tossici. Lo scopo della sperimentazione animale, pur con le sue incertezze, è proprio quello di accertare l'esistenza di effetti benefici e di svelare eventuali effetti tossici, al fine di stabilire quel rapporto benefici/rischi che giustifichi razionalmente ogni studio nell'uomo.
Un'altra delle possibilità sostenute dagli oppositori della sperimentazione animale è quella di impiegare animali inferiori (ad es. Invertebrati), per evitare l'impiego di animali a più alto livello di sviluppo. Anche in questo caso non si tratta certo di una proposta innovativa; basti pensare ai notevoli studi che si sono sviluppati da molti anni su di un moscerino, Drosophila, per dimostrare che i ricercatori utilizzano tutte le specie animali che possono essere utili allo sviluppo delle conoscenze: tuttavia deve essere ribadito il concetto che ogni metodologia ha pregi e limiti e che perciò ha un suo posto preciso nella complessa strategia che permette di fare passi avanti in medicina.
Se è vero che gli animali non sostituiscono l'uomo, a maggior ragione bisogna ammettere che queste tecniche alternative non possono sostituire né gli animali, né l'uomo. È più corretto, quindi, chiamarle tecniche "complementari": esse infatti, anche se sono state e continueranno a essere preziose per affrontare in dettaglio molti problemi biologici, in realtà non sono alternative. È chiaro che queste metodologie, peraltro scoperte e sviluppate dai ricercatori (e non dagli oppositori della sperimentazione animale!), vengono utilizzate in tutti i casi in cui sono utili per affrontare un determinato problema di ricerca [...]. Occorre dire che porre il problema in termini alternativi fra ricerca in vitro e ricerca in vivo, significa non avere esperienza di ricerca sperimentale; infatti, affrontare un problema con metodologia scientifica significa utilizzare - secondo una diversa cronologia in rapporto ai problemi che si studiano - tutte le tecniche disponibili; [...]
Quali animali vengono impiegati?
Contrariamente a ciò che molti pensano, gli animali utilizzati nella sperimentazione non vengono raccolti nell'ambiente, ma - salvo poche eccezioni - vengono allevati esclusivamente per la ricerca. Come già accennato, la stragrande maggioranza degli animali utilizzati nella ricerca biomedica è rappresentata da ratti e topi, per ragioni molto semplici: la loro rapida proliferazione, una vita media relativamente breve (circa 3 anni), un costo relativamente minore rispetto a quello di altre specie, uno spazio relativamente piccolo per il loro mantenimento. Tutto ciò permette di rispondere all'esigenza di sperimentare su gruppi di animali in numero sufficiente a raggiungere una significatività statistica, cosa spesso difficile se si impiegano animali di grande taglia.
Ratti e topi sono stati selezionati in modo tale da essere omogenei nella loro crescita e nelle loro caratteristiche. Si parla di animali outbred quando si impieghino ratti e topi che sono stati accoppiati senza tener conto della loro ?parentela'; si parla di animali inbred per indicare animali accoppiati fra discendenti degli stessi genitori. Gli animali inbred possono essere considerati geneticamente uguali: essi permettono quindi di operare su gruppi che presentano una variabilità relativamente piccola nella espressione di parametri biochimici e funzionali.
Gli studi genetici hanno anche permesso di selezionare innumerevoli ceppi di animali portatori di malattie ereditarie, utilizzabili in tutte le specializzazioni della medicina. Sono ad esempio disponibili ceppi murini che manifestano vari tipi di convulsioni, di tremori, di rigidità, di distrofia muscolare; altri ceppi sono caratterizzati da anomalie della coagulazione o da vari difetti metabolici, incluso il diabete; altri ancora sono caratterizzati da danni renali che determinano una insufficienza funzionale, oppure da malattie molto simili a quelle dell'uomo, come il lupus. [...]
Che fare?
All'emotività suscitata dalle campagne degli abolizionisti occorre opporre una serena informazione che tutti, ricercatori e medici, hanno il dovere di divulgare con maggiore intensità e spirito di servizio rispetto a quanto non si è fatto finora.