Il capitalismo porta in sé la guerra come il nembo porta il temporale."
Jean Jaurès - socialista radicale
L'ascesa a prima potenza mondiale degli Stati Uniti d'America nel Novecento è stata caratterizzata da due fasi: la prima si è realizzata in Europa con la Seconda Guerra Mondiale in cui viene sconfitta la Germania emergente con l'aiuto degli Stati Alleati, ed in Asia si sono imposti sul Giappone con l'aiuto cinese, russo e vietnamita. La seconda fase prevedeva invece il mantenimento del ruolo di prima potenza e, per fare questo, gli USA avevano necessità di spodestare i vecchi concorrenti nella zona.
La guerra del Vietnam si colloca proprio nella seconda fase dell'espansione imperialistica degli Stati Uniti d'America.
Da colonia francese a obiettivo USA
Per potersi affermare sul feudalesimo, il capitalismo, così come ogni nuovo sistema di organizzazione sociale della produzione, ha bisogno delle sue rivoluzioni. Ci mise circa mezzo millennio per soppiantare il feudalesimo, e alla fine si diffuse dall'Europa al resto del mondo.
La sanguinosa Rivoluzione borghese del 1789 sancì, politicamente, proprio il passaggio tra i due sistemi di organizzazione sociale, ma ci vollero decenni affinché il capitalismo passasse ogni confine nazionale.
Allo scoppio della guerra, il Vietnam era ancora un Paese feudale, con il suo 95 % di abitanti contadini. Dalla colonizzazione francese, nel 1870, per alcuni decenni non sviluppò l'industria: quasi il 97 % delle esportazioni consisteva in materie prime (come il lattice che veniva acquistato a basso costo dalla Michelin, il riso o il carbone). L'imperialismo francese ha sempre cercato di impedire lo sviluppo capitalistico vietnamita e, con esso, quello di una classe operaia.
Poco prima e durante la Seconda Guerra Mondiale, la regione indocinese espresse una politica staliniana, a favore cioè delle democrazie occidentali e contro i regimi fascisti. Nulla di rivoluzionario, anzi. Quel poco di corrente trotskysta venne spazzato via a fine anni Trenta da Ho Chi Minh, uno dei fondatori del Partito Comunista Indocinese e combattente in Cina accanto a Mao Tse-tung.
Gli Stati Uniti d'America cominciarono ad interessarsi all'Indocina fin dal 1940. Tre anni dopo, infatti, alla Conferenza di Teheran con Stalin e Churchill il presidente americano Franklin Delano Roosevelt propose la sostituzione del governo francese nella regione con una amministrazione internazionale. Anche alla Conferenza di Yalta, due anni dopo, Roosevelt fece la stessa proposta.
La politica imperialistica degli Stati Uniti d'America si palesò già nel '40, scrivevamo. In quell'anno, a causa degli imminenti attacchi giapponesi, il governatore francese Jean Decoux chiese la consegna di aerei ed equipaggiamenti americani, ma Roosevelt li negò, nonostante fossero già stati pagati dai francesi.
Un altro episodio sintomatico della politica USA e significativo per il conflitto accadde l'anno successivo: nel luglio 1941 i giapponesi occuparono le basi aeree nel Vietnam del Sud, così gli States applicarono l'embargo petrolifero e congelarono tutte le attività nipponiche in America. La risposta dei giapponesi arrivò il 7 dicembre 1941 a Pearl Harbor, nonostante mesi di suppliche agli USA sul ritiro dell'embargo.
Attacco giapponese alla base americana di Pearl Harbor 7 dicembre 1941 |
Negli ultimi due anni di guerra la Francia riuscì a cacciare i nazisti dal proprio suolo, così trovò la forza per fare altrettanto con i soldati del generale Hideki Tojo che stavano avanzando in Indocina. Tutti gli appelli di aiuto da parte dei francesi lanciati agli americani caddero nel silenzio del Ministero della Guerra di Roosevelt. Il 10 marzo 1945 l'esercito nipponico conquistò la regione e la dichiarò indipendente.
Ho Chi Minh e il Vietnam
Con lo scoppio della guerra tutta la direzione del Comitato Centrale del Partito Comunista Indocinese scappò in Cina. Nell'agosto del 1945 Ho Chi Minh rientrò in patria, seguito anche da 152 mila cinesi, e conquistò Hanoi. Egli indisse le elezioni per il gennaio dell'anno seguente, ma a patto che i partiti non comunisti non vi partecipassero: in cambio regalò loro 70 seggi. Il Fronte Patriottico di Ho Chi Minh vinse quelle elezioni con l'80 % dei voti ed un'astensione del 10 % degli aventi diritto.
Mentre il Nord veniva occupato dai cinesi, da Sud avanzavano le truppe americane e quelle inglesi. Nello stato di caos in cui si trovava il Vietnam Ho Chi Minh organizzò gli assassini dell'opposizione politica, dai trotskysti alle sette religiose.
Dopo aver patteggiato il ritiro cinese dal Vietnam con la rinuncia dei suoi diritti in Cina, il 6 marzo 1946 la Francia riconobbe la Repubblica del Vietnam come uno Stato libero appartenente alla Federazione Indocinese e all'Unione francese. 15 mila soldati francesi vennero inviati nel Nord per essere sostituiti progressivamente nei cinque anni successivi dalle truppe vietnamite. Venne sciolto il Partito Comunista e proseguirono gli omicidi dei pochi rivoluzionari rimasti vivi.
Il risveglio francese
Incapace di vincere militarmente, l'imperialismo giocò la carta diplomatica con la promessa del "libero Stato". Grazie a ciò, e alle spalle coperte da Stalin, Ho Chi Minh commise l'errore di lasciare che le guarnigioni francesi occupassero le maggiori città vietnamite. Il 20 novembre 1946 la Francia riprese i combattimenti e quattro giorni dopo catturò Haiphong uccidendo circa 6 mila civili sotto i bombardamenti.
L'ideologia giocò un ruolo determinante tra i contendenti: il Partito Comunista di Francia stava per prendere il potere, così Stalin non intervenne in appoggio di Ho Chi Minh e della sua indipendenza. Nessuno a Parigi si oppose ai crediti di guerra, anzi, la destra applaudì i sedicenti comunisti per aver proseguito la guerra in Indocina.
Nell'aprile del 1956 i francesi abbandonarono definitivamente il Paese dopo altri otto anni di guerra e 170 mila morti sulle spalle.
Il riconoscimento del regime di Ho Chi Minh da parte di Mao Tse-tung arrivò il 20 gennaio 1950. Undici giorni dopo fu la volta di quello russo. Fu proprio in quei giorni che venne a delinearsi la futura politica americana nei confronti del Vietnam. Il New York Herald Tribune scriveva: "Noi ci troviamo in una posizione difficile. Il regime di Bao Dai non può essere considerato veramente indipendente fintantoché le truppe francesi restano nel paese... Ma se quest'ultime dovessero lasciare l'Indocina l'intero paese verrà occupato dalle forze di Ho Chi Minh."
E questo sarebbe stato un problema. Per la Francia, così come per gli Stati Uniti d'America.