La guerra del Vietnam (1964) - Parte II

28/10/12

28/10/12


I due Vietnam e la questione agraria

La Conferenza di Ginevra del 1954 vietava l'ingresso di armi e mezzi militari nel Paese, vietava il rafforzamento delle truppe già presenti e fissava delle elezioni (controllate da una Commissione Internazionale) entro il luglio del 1956. Nei fatti, gli Accordi di Ginevra crearono il Vietnam del Nord, ricco di minerali e industrie (seppur con l'80 % di contadini) e il Vietnam del Sud, completamente agricolo.
Grazie ai rifornimenti di riso russo, il Nord riuscì a evitare una grave carestia.

Si attuò la riforma agraria e i contadini vennero divisi in: senza terra, poveri, medi, ricchi, proprietari terrieri. Il 65 % delle terre venne ridistribuito a 9 milioni di persone e si creò un organo di controllo formato da alcuni quadri del Partito, chiamati canbo, che cominciò a cacciare i villaggi condannando, arrestando e uccidendo tutti coloro che venivano considerati proprietari terrieri irrispettosi della riforma, collaborazionisti, nonché oppositori politici. Si stima che su 4 mila processati, ne furono uccisi più di mille. I problemi nacquero quando i canbo non colpirono i veri proprietari terrieri, ma le altre categorie.

È il 1956, novembre, e mentre i carri armati sovietici piegano l'Ungheria, Ho Chi Minh deve fare i conti con un'importante rivolta contadina scoppiata nella provincia di Nghe-An, proprio per via degli abusi subiti durante rastrellamenti e purghe dei canbo. I disordini vennero presto sedati dall'esercito, che deportò e uccise circa 6000 persone.

I canbo vennero messi sotto accusa, il Ministero dell'Agricoltura sciolto, i Tribunali Speciali per la riforma agraria chiusi. La situazione al Nord si risolse nei due anni successivi grazie a 850 mila contadini ricchi esodati al Sud che, quindi, liberarono terre coltivabili permettendo un raddoppio della produzione.

La zona meridionale del Vietnam, già occupata e sovvenzionata dagli Stati Uniti d'America, aveva al governo il Primo ministro fantoccio Ngo Dinh Diem, amico dei militari giapponesi. Cattolico e anticomunista, fu suggerito dallo stesso John Fitzgerald Kennedy e in breve divenne corruttore e persecutore.


Dal punto di vista agrario, uno dei maggiori problemi era l'enorme concentrazione delle terre: il 3 % dei proprietari, infatti, deteneva la quasi metà delle coltivazioni.


L'inizio del conflitto

La cattiva gestione da parte del governo di Saigon si tradusse in un aumento delle tasse per i contadini, in persecuzioni politiche, in assenza di libertà di stampa e opinione, in corruzione amministrativa. Tutto ciò portò all'indebolimento politico del Vietnam del Sud e alla nascita di gruppi di guerriglieri nelle campagne. Quale situazione migliore per Ho Chi Minh per riconquistarsi tutto il Paese?

Grazie ai forti aiuti cinesi e, in minor parte, russi, il dittatore del Nord fin dall'inizio del 1957 cominciò ad inviare gruppi armati al di là del confine meridionale, con l'obiettivo di aumentare e rinforzare i guerriglieri antidiemisti. A fine 1960 venne creato il Fronte di Liberazione Nazionale, guidato dal governo di Hanoi contro quello di Saigon. Fu proprio la fondazione del FLN che diede il via alla reazione di Washington.

Appena decretata la fine della propria influenza su Cuba, gli USA si trovarono a fare i conti con la loro egemonia in Oriente. Con il dichiarato obiettivo di aiutare il governo Diem a difendersi dai nordvienamiti e dai guerriglieri viet cong (sempre dipendenti da Hanoi, ma spacciati inizialmente per ribelli del Sud indipendenti dal FLN di Ho Chi Minh), il presidente Dwight Eisenhower aumentò il numero di truppe nel Vietnam del Sud, e lo stesso fece il suo successore Kennedy fin dall'inizio del 1961.

Sei mesi dopo la sua elezione, Kennedy dichiarò al direttore del New York Times: "Abbiamo un problema: rendere credibile la nostra potenza. Il Vietnam è il posto giusto per dimostrarla". Una frase che palesava la politica estera militare nella regione.

Sebbene i soldati americani nel Vietnam del Sud aumentarono sempre più dal 1953 al 1963, in particolare in quegli ultimi due anni, gli USA entrarono ufficialmente in guerra contro il governo di Ho Chi Minh il 7 agosto 1964. Quella fu la data della Risoluzione del Golfo del Tonchino, verbalizzata dal Congresso degli Stati Uniti d'America dopo che il 2 agosto un cacciatorpediniere in ricognizione al largo delle coste nordvietnamite venne attaccato da alcune torpediniere di Ho Chi Minh, generando quello che viene chiamato "lo scontro del Golfo del Tonchino".

Nonostante nella Risoluzione non si faceva riferimento diretto ed esplicito ad una guerra, il presidente Lindon Johnson (succeduto a Kennedy dopo il suo assassinio avvenuto il 22 novembre 1963) incrementò le forze militari presenti in Vietnam e nel 1965 cominciò a bombardare pesantemente il Nord del Paese.


La lunga guerra

La strategia del Comandante Supremo in Vietnam, William Childs Westmoreland, veterano della Seconda Guerra Mondiale e del conflitto in Korea, prevedeva tre fasi:

  1. costruzione di basi sul territorio e di una solida rete logistica
  2. occupazione dei confini per bloccare i rifornimenti da parte del Nord
  3. ricerca, indebolimento e distruzione delle forze nemiche in tutto il Vietnam del Sud

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Mappa della situazione militare in Indocina nel 1965

Le truppe americane nel 1965 erano 185 mila e un anno dopo arrivarono a 385 mila. Nel solo 1966 gli USA contarono più di 6 mila caduti sul suolo vietnamita (tre volte superiore ai morti del 1965).

Nonostante la riuscita delle prime operazioni militari, dalla "Starlite" dell'agosto 1965 in cui venne presa una roccaforte dei guerriglieri viet cong in cinque giorni (con 45 morti USA e 600 vietnamiti), alla "MacArthur" del novembre 1967 che sfociò nella sanguinosa battaglia di Dak To (400 perdite americane contro le 1200 tra i guerriglieri), il Generale Westmoreland andò incontro a enormi difficoltà, sia politiche che militari.

Egli aveva appena rassicurato il suo governo e l'opinione pubblica con gli ottimi risultati del conflitto quando, il 31 gennaio 1968, subì l'Offensiva del Têt: nelle maggiori città meridionali, con azioni contemporanee, l'esercito nordvietnamita e i guerriglieri viet cong provarono a mettere sotto scacco le truppe americane. Il bilancio fu enorme: USA, Vietnam del Sud e gli altri alleati entrati nel frattempo in guerra (Korea del Sud, Australia, Nuova Zelanda) contarono 9 mila morti e 35 mila feriti su 1 milione di soldati schierati; tra i 600 mila uomini del Fronte di Liberazione Nazionale e dell'esercito nordvietnamita, ne caddero (stimati) circa 40 mila e ne furono feriti altrettanti.

L'esito dell'offensiva decretò vincitori Stati Uniti e Vietnam del Sud, ma solo sul piano militare e tattico. Su quello psicologico e strategico, FLN e Nord dimostrarono di aver battuto i nemici.

Il Comando per l'Assistenza Militare in Vietnam (MACV - Military Assistance Command, Vietnam) scricchiolò e contemporaneamente crebbe il dissenso alla guerra interno agli USA. Westmoreland aveva perso ogni speranza di conquistarsi l'opinione pubblica. A giugno del 1968 venne sostituito dal Generale Creighton Abrams e venne nominato, per pure questioni di immagine e propaganda, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito degli Stati Uniti.

Abrams proseguì il lavoro del suo predecessore, così come fece con la sua famosa dottrina Richard Nixon alla Casa Bianca nel 1968 dopo aver preso il posto di Johnson. Nonostante il grande dispiegamento di forze in campo (nel '68 c'erano 540 mila uomini, 70 mila in più dell'anno prima) e una buona organizzazione strategica del MACV, il presidente Nixon ordinò l'inizio del ritiro nell'estate del 1969 (25 mila soldati) a cui, però, avrebbe dovuto corrispondere un potenziamento dell'esercito sudvietnamita e una controffensiva aerea in Cambogia.

I bombardamenti in Cambogia cominciarono nel maggio del 1970 tra aspre polemiche dell'opinione pubblica interna ed esterna agli States. Due anni dopo fu la volta della sconfitta in Laos, durante l'operazione "Lam Son 719" condotta dal solo esercito di Duong Van Minh (subentrato dopo l'assassinio di Diem): l'obiettivo  americano era quello di dimostrare che le truppe sudvietnamite potevano farcela, ma l'esito fu devastante, perché morirono 9 mila uomini di Minh contro i 2 mila nordvietnamiti.

A decretare la fine delle ostilità fu la diplomazia USA dopo la ripresa dei bombardamenti nel Nord del Paese (Johnson li sospese nel 1968). Questi convinsero Ho Chi Minh a sedersi al tavolo delle trattative per firmare la pace a Parigi (17 gennaio 1973), ma in realtà gli Stati Uniti d'America persero la guerra, oltre che la certezza di riuscire a rallentare il loro declino relativo, cominciato proprio negli anni Sessanta.


Gli interessi in gioco

La Guerra del Vietnam fu la prima importante sconfitta degli Stati Uniti. Nonostante i bombardamenti, le irrorazioni di agenti chimici (famoso fu l'Agente Arancio utilizzato per avvelenare viet cong, nordvietnamiti e civili), i 200 miliardi di dollari di allora spesi in dieci anni di guerra (equivalenti a circa 700 mld di oggi), e le centinaia di migliaia di persone morte e ferite, gli USA persero la guerra. Non bastò la superiorità economica e militare della superpotenza per vincere.

La costante pressione dell'opinione pubblica interna ed esterna, la preoccupazione di tenere fuori dal conflitto Russia e Cina, gli investimenti delle ditte private americane in Vietnam, azzerarono ogni minima idea di attacco nucleare, tenendo così il conflitto nella giungla e nei campi agricoli, terreni in cui la superiorità tecnologica americana non contava. Forse avrebbe potuto avere la meglio un esercito composto da uomini ben addestrati alla guerriglia, ma in Vietnam era un susseguirsi di truppe di leva.

Mentre viet cong e nordvietnamiti credevano fortemente nel progetto di unificazione di Ho Chi Minh, il governo di Saigon era corrotto, debole, pressato dai monaci buddisti e impopolare: i contadini del Sud erano schiacciati dal regime e intimoriti dalla guerra.

Anche fra le truppe americane il morale scendeva sempre più, perché i soldati non capivano l'utilità di combattere per un governo straniero così disastrato. Ma la "carne da macello" non è mai cosciente del proprio ruolo effettivo, né di quali siano i reali interessi in gioco. All'epoca era difficile (se non per alcune menti più analitiche e non ideologizzate) capire che gli Stati Uniti d'America erano in Indocina per mantenere la loro egemonia nel mercato regionale, per difendere i loro interessi economici e prendersi una zona strategica tra Giappone e Russia.

Il 28 maggio 1967 L'Espresso riportò queste parole di Jules Henry, noto antropologo alla Washington University: "Adesso noi combattiamo in Asia per proteggere gli investimenti che già abbiamo in quel continente, e per essere sicuri che in quelle regioni ci siano nel futuro sufficienti sbocchi per i capitali statunitensi".

Anche la Guerra del Vietnam rientra in tutti quei conflitti generati dal capitalismo stesso: laddove il capitale non può espandersi con modi "pacifici", arrivano i cannoni.