Testimonianze sulla Rivoluzione d'Ottobre - A. E. Arbuzova

07/11/12

07/11/12


Negli anni successivi alla Rivoluzione d'Ottobre vennero scritte numerose memorie sugli eventi accaduti nel 1917. Purtroppo la controrivoluzione staliniana ha spazzato via numerosi scritti, di enorme valore storico e politico.

Pubblichiamo in questo articolo la testimonianza della militante bolscevica Alla Efimovna Arbuzova che visse quell'esperienza rivoluzionaria.

L'Ottobre nella fabbrica di cannoni di Pietrogrado

Durante la guerra nella fabbrica di cannoni lavoravano soprattutto contadini. Gli addetti erano 20 mila e la cellula del partito contava 35 membri. Si producevano detonatori e il numero degli addetti era notevolmente aumentato a causa della guerra (in tempo di pace venivano occupate circa 500 persone). Nel 1917 gli operai erano fortemente influenzati dai socialrivoluzionari di destra e, con meno successo, dai menscevichi.

Il primo comitato di fabbrica era formato quasi esclusivamente da socialrivoluzionari e da menscevichi. I socialrivoluzionari non indietreggiavano davanti ai più infami mezzi di agitazione e intanto invitavano nella fabbrica i loro migliori oratori. All'inizio della primavera vennero infatti a parlare agli operai il ministro Peshekhnov e altre personalità.

La messa in scena della riunione veniva organizzata in modo ammirevole: gli operai non lavoravano per tutta la giornata e dalle labbra ministeriali fluivano discorsi di una bellezza angelica.


A quell'epoca gli operai detestavano caldamente i bolscevichi, raramente acquistavano la Pravda e alle riunioni votavano sempre per le mozioni dei socialrivoluzionari. Le assemblee generali erano movimentate, l'uditorio si divideva in frazioni e molto raramente i compagni della cellula comunista riuscivano a farsi eleggere nel presidium. Una volta gli internazionalisti unificati e i bolscevichi riuscirono a far passare in assemblea generale una risoluzione richiedente la pubblicazione immediata dei trattati segreti. "Compagni - disse il SR Soloviev - se votate questa risoluzione noi ci dimettiamo oggi stesso dal comitato di fabbrica!"

La risoluzione fu votata a stragrande maggioranza. L'indomani i socialrivoluzionari si sparpagliarono nei reparti per spaventare gli operai minacciando le dimissioni del comitato di fabbrica e dimostrando loro che avevano commesso un crimine il giorno prima. Riuscirono a far adottare dagli operai una risoluzione di appoggio al governo provvisorio.
Dopo la riunione tenuta presso di loro le donne del 4° reparto manifestarono il desiderio di buttarmi nel fuoco della forgia.

"I nostri uomini versano il loro sangue al fronte e voi invece lavorate per i tedeschi!" gridava quel gruppo esagitato di soldatesse avanzando verso di me coi pugni alzati. All'indomani sul lavoro, un gruppo di donne accecate dall'odio, guidate da una SR di cui ho dimenticato il nome, si strinsero minacciose intorno al mio banco di lavoro. La SR urlava a gran voce martellandosi il petto: "Voi leninisti, siete delle spie tedesche! Bisognerà scaraventarvi giù dalle finestre delle fabbriche".

La folla eccitata delle operaie esprimeva la propria indignazione a proposito delle "spie tedesche". Un'altra SR che era nel gruppo esigeva che io rispondessi alla seguente domanda: "Lenin, la spia tedesca, vive nella Russia libera sotto il nome di Lenin, mentre il suo vero nome è Ulianov. Perché?".

L'atmosfera in fabbrica era pesante. Gli operai, avvelenati dalla propaganda, erano pronti a usare la violenza fisica contro di me; dappertutto non si parlava che dei leninisti e del vagone d'oro tedesco.

Un giorno d'estate Lenin venne a pronunciare un discorso da noi. Era di domenica. Il comitato di fabbrica non gli aveva permesso di prendere la parola all'interno, la riunione fu quindi organizzata fuori dai cancelli. Lo rivedo ancora vestito di grigio, a testa nuda, con la calvizie che brillava al sole: il capo dei lavoratori parla aggrappato in bilico su un carro a due ruote. Parlò a lungo e fece una grande impressione sui lavoratori. Ho visto donne sedute che piangevano durante il suo discorso. Quando fu il momento delle domande ricevette il seguente biglietto: "Allora, fratello, quanto oro hai portato dalla Germania?" lo lesse, lo passò alla presidenza che ne diede lettura all'uditorio. Gli operai gridarono: "È una infamia, non bisogna rispondere".

A partire dalle manifestazioni di luglio i migliori comunisti cominciarono a venire con noi e l'atteggiamento degli operai nei confronti dei bolscevichi cambiò profondamente. Molto prima dell'ottobre le seconde elezioni del comitato di fabbrica diedero la maggioranza ai bolscevichi.