La tedesca Siemens affonda le sue radici nel lontano Ottocento e dopo aver assecondato il nazismo, è simbolo del "miracolo economico" degli anni Cinquanta e Sessanta. Oggi l'azienda di Monaco ha 420.000 dipendenti sparsi nel mondo, la fa da padrone nel settore elettronico, e si posiziona al trentesimo posto nella Global 500 di Fortune grazie ai suoi 124 miliardi di euro di fatturato.
All'inizio fu il telegrafo
Nel 1847, a Berlino, un ex ufficiale dell'Artiglieria prussiana, tale Ernst Werner von Siemens, fonda la Siemens und Halske con l'amico meccanico Johann Georg Halske. In quegli anni in Europa si sta diffondendo l'uso del telegrafo e i due bravi soci, solo un anno dopo, ottengono la commessa per la costruzione di una linea telegrafica di 500 km a collegamento di Berlino con Francoforte. Poi è la volta del raccordo telegrafico con la linea Parigi-Bruxelles.
La particolarità della Siemens, a differenza di quasi tutti gli altri grandi gruppi, è l'essere cresciuta all'estero e non in patria: nel 1852 abbiamo infatti una prima commessa estera grazie allo zar Nicola I, che chiede di erigere ben 5.000 km di linea telegrafica in Russia. Quindici anni dopo è una richiesta da parte inglese che permette all'azienda berlinese di costruire una parte (6.000 km) della linea Londra-Calcutta. Nel 1875 partecipa al primo collegamento transatlantico tra l'Irlanda e gli Stati Uniti, avvenuto tramite cavi sottomarini. Nel 1890 l'azienda aveva 5.500 dipendenti di cui quasi la metà in Austria, Russia e Gran Bretagna.
Un'altra particolarità di quest'azienda è stata la gestione manageriale fino al 1981: per 130 anni, Werner, due fratelli, tre figli e tre nipoti si succedono nel comando della Siemens, consolidando e stabilizzando così la società.
Non solo telegrafo
Werner von Siemens fu anche il precursore di quella che oggi definiamo elettrotecnica (egli coniò proprio il termine "elektrotechnik"). Nel 1866, infatti, scoprì il principio elettrodinamico: costruì una dinamo che permetteva di convertire l'energia meccanica in energia elettrica in modo molto economico.
Dinamo Siemens |
Ma Siemens non si limita alle sole linee telegrafiche: costruisce tramway, motori, turbine, ascensori, lampade, telefoni e macchinari medicali a raggi X. Per il suo gruppo istituisce una cassa di assistenza per infortuni e pensione, ancor prima delle riforme di Bismarck, e fissa la giornata lavorativa a 9 ore (un po' come fece Robert Owen in Scozia).
Società per Azioni e Deutsche Bank
Sul finire del XIX secolo abbiamo la comparsa della AEG, diretta concorrente di Siemens. Per rafforzarsi e contrastare quindi quella concorrente, Siemens decide di trasformare l'azienda di famiglia, emettendo 35 mila azioni da mille marchi grazie all'aiuto della Deutsche Bank, il cui direttore era il cugino Georg.
Durante e dopo le guerre imperialiste
Nel 1914, appena prima dello scoppio della Grande guerra, Siemens conta 80.000 dipendenti sparsi negli uffici e nelle sussidiarie di cinquanta Paesi. Durante la guerra la produzione sforna telefoni ma anche esplosivi, otturatori per fucili, sistemi di tiro per incrociatori ed eccellenti motori aeronautici. Ma le confische di guerra sancite nella pace di Versailles del 1919, fanno perdere al gruppo quasi tutte le attività estere, pari al 40 % del totale. La Siemens tenta di riprendersi ma arriva la Grande depressione del 1929. Il rilancio avviene solamente grazie ai massicci investimenti arrivati dal riarmo hitleriano. Durante il nazismo, che l'industria appoggia, arriverà ad impiegare 50.000 lavoratori forzati e prigionieri di guerra su 183.000. Il grande colpo arriva con i bombardamenti alleati che distruggono l'80 % del capitale.
È nel 1948 che la sede viene spostata da Berlino a Monaco ed è grazie alla ricostruzione postbellica degli impianti elettrici, dell'elettrificazione delle ferrovie e della diffusione delle telecomunicazioni che la Siemens torna ad essere protagonista delle battaglie industriali mondiali. Negli anni Ottanta la Siemens abbraccia il settore dell'informatica alleandosi con altri gruppi, da IBM a Toshiba, da Intel a Philips.
La seconda era di Siemens
Negli anni Novanta, con la presidenza von Pierer si apre un nuovo ciclo. Il gruppo tedesco è un gigante presente in molte aree del mondo, ma è troppo rigido e troppo legato alle commesse pubbliche. In quegli anni però assistiamo alla crescente globalizzazione, specialmente in Oriente, l'Unione Europea comincia a camminare a gattoni, si apre il mercato dell'Est Europa dopo l'implosione dell'URSS e i settori dell'energia e delle telecomunicazioni vengono liberalizzati. La Siemens, e con lei tutto il Vecchio Continente, deve mutare.
È così che il presidente Heinrich von Pierer, nel 1992 dà il via ad una massiccia ristrutturazione, cercando di rendere il gruppo più flessibile, decentrato, potenziandolo in America ed Asia, ed investendo molto sull'high technology. Nel giro di dieci anni i lavoratori in Germania passano da 240 a 165 mila e nel resto d'Europa da 95 a 87 mila. Di contro, aumentano gli addetti di 20 mila nell'Est Europa, 14 mila negli States, 15 mila in America latina e 43 mila in Asia, di cui 18 mila in Cina e 7 mila in India. Von Pierer è deciso: "Dobbiamo svilupparci laddove si sviluppano i nostri affari". Nel 2004 quasi l'80 % del fatturato del colosso veniva realizzato fuori dalla Germania, in questo modo: 34 % in Europa, 25 % nel continente americano, 12 % in Asia, 6 % nel resto del mondo.
In controtendenza
Nella seconda metà degli anni '90, gli esperti e gli analisti suggeriscono alle compagnie elettriche di abbandonare l'industria pesante e di guardare verso Internet e telecomunicazioni. A differenza di Alcatel, Marconi o ABB, la Siemens non segue la corrente e continua ad interessarsi a tutti i settori. Non solo, l'azienda viene riorganizzata in sei divisioni: automazione e controllo, medicale, telecomunicazioni, servizi igienici, energia e infrastrutture, trasporti. Circa trenta settori minori vengono invece venduti o deconsolidati. L'alleanza più rilevante è quella nei computers, con la giapponese Fujitsu. Nel 1999 nasce la joint-venture Fujitsu Siemens Computers e dieci anni dopo cede la propria quota all'azienda giapponese, divenendo così Fujitsu Technology Solutions.
All'inizio del XXI secolo scoppia la bolla high tech e Siemens, grazie al "conservatorismo rinnovatore" del proprio presidente, sopravvive alla grande e nel 2006 nasce Nokia Siemens Networks, joint-venture nel campo delle telecomunicazioni. Nello stesso anno, sul fronte del comparto medicale, il colosso di Monaco compra la Bayer Diagnostics.
L'homme de réseaux...
Heinrich Karl Friedrich Eduard Pierer von Esch nasce in Baviera nel 1941 e dopo gli studi economici e giuridici entra in Siemens nella divisione energetica, la KWU. vent'anni dopo, nel 1989 ne è presidente ed entra anche nella direzione generale. Ha ottime conoscenze, essendo membro influente della CSU (la Democrazia Cristiana bavarese): Helmut Kohl, Angela Merkel ma anche Gerhard Schröder. In Francia lo definirebbero "homme de réseaux" ("uomo di reti").
Europeista di spicco, egli è convinto che questo secolo non sarà il secolo dell'Asia e che l'Europa "ha una lunga tradizione e possiede vere forze". Pensa inoltre che la concorrenza con l'Asia non la si possa vincere solo con la politica dei bassi salari e dell'abbattimento dei costi, ma bisogna pensare all'innovazione, alla formazione ed alla ricerca.
Dal gennaio 2005 guida la strategia aziendale in quanto presidente del Consiglio di sorveglianza. Al suo posto subentra il delfino Klaus Kleinfeld che arrivava dal ramo medicale. Il primo siede anche nei Consigli di amministrazione di Bayer, Hochtief, Munich Re, Volkswagen ed il secondo è anche amministratore di Alcoa.
... impigliato nella rete
Due anni dopo viene arrestato un membro del comitato esecutivo, Johannes Feldmayer, reo confesso di aver dato tangenti per decine di milioni di euro ad un piccolo sindacato tedesco, AUB. Non è tutto. La Siemens è già sotto torchio internazionale per corruzione e frode fiscale e sia von Pierer che il suo fido Kleinfeld diedero le dimissioni, dopo che altri manager ammisero di aver utilizzato dal 2002 al 2006 1.3 miliardi di euro per aggiudicarsi appalti stranieri. I due negarono.
Il ruolo delle banche
Nel 2005 la Siemens è di fatto controllata da due grandi istituti finanziari, la Deutsche Bank e la Allianz. Esse detengono rispettivamente una quota azionaria dell'1.1 % e dell'1.4 %, ma attraverso i voti di delega dei propri clienti raccolgono circa l'80 % dei diritti di voto dell'assemblea. Per di più, nel Consiglio di sorveglianza ci sono Josef Ackermann, amministratore delegato di Deutsche bank, e Henning Schulte-Noelle, presidente di Allianz.
Siemens oggi
Il gigante ha oggi 405 mila dipendenti (128.000 in Germania) e produce il 56.5 % dei profitti in Europa e in Africa (di cui il 15 % nella sola Germania), il 27 % nelle Americhe ed il 16 % in Asia. I profitti totali ammontano a circa 80 miliardi di euro ed arrivano dai 3 settori: industria 35 mld di euro, energia 25.8, medicale 11.9, più la divisione business e servizi con 5.4 mld.
La famiglia Siemens possiede il 6 % della quota azionaria, mentre gli istituti finanziari l'84 %. Il presidente ed amministratore delegato da metà 2007 è l'austriaco Peter Löscher, che ha ricoperto i ruoli di management in grandi gruppi come Hoechst, Aventis Pharma, General Electric, Merck.
Secondo il sito Imprese alla sbarra, la società è composta da poco meno di mille aziende ed opera anche nell'industria bellica partecipando per il 49 % nella Krauss-Maffei Wegmann GmbH & Co e fornendo componenti elettromeccanici alle Forze Armate USA.