Nascita del capitalismo: accumulazione originaria e proletariato - Parte IV

03/02/13

03/02/13


Parte prima, parte seconda, parte terza, parte quinta, parte sesta

L'altra classe sociale che si crea dalla disgregazione feudale e che è una delle condizioni della comparsa del capitale industriale, è il proletariato. Insieme all'accumulazione originaria, è alla base della "preistoria" del capitalismo.

La caratteristica fondamentale del capitale è quella di essere denaro investito al fine di procurarsi più denaro di quello che si aveva in partenza. Fino alla società feudale, la merce creava denaro che serviva per comprare altra merce, secondo la formula M > D > M. Ora, la merce non è che il mezzo con cui il denaro moltiplica se stesso, secondo la formula indicata da Karl Marx D > M > D'. Questo scopo si può realizzare sostanzialmente in due modi:

  • impadronendosi di ricchezza già prodotta e detenuta da altri
  • producendo nuova ricchezza


Capitale industriale e accumulazione originaria

Il capitale commerciale ed usuraio rientrano nel primo caso: la legge del commercio è comprare a buon prezzo e vendere a prezzo più alto. Dopo una compravendita, però, le merci sono esattamente quelle di partenza, e quindi la ricchezza sociale non aumenta: se lo scambio è equo (la merce viene scambiata con una quantità di denaro pari al suo valore) non si ha nessun passaggio di ricchezza. Ma in questo modo nessun mercante si sarebbe mai arricchito e non avremmo mai avuto un capitale commerciale.

Se lo scambio non è equo continua a non esserci alcuna produzione di ricchezza, ma cambia la distribuzione della ricchezza stessa tra compratore e venditore: il mercante, più abile, ha sicuramente saputo guadagnare a spese del più debole compratore. Stesso discorso per l'usura, in cui c'è solo uno spostamento di ricchezza dal debitore all'usuraio.


Solo il capitale industriale, ossia quello che arruola lavoro salariato per produrre plusvalore (unica fonte di profitto) in qualunque settore economico (agricoltura, servizi o industria), è capitale che produce nuova ricchezza ed aumenta, in questo modo, la ricchezza sociale: il capitale industriale non si limita ad appropriarsi di plusvalore, ma contemporaneamente lo crea.

La prima forma organizzativa in cui appare il capitale industriale è la manifattura. Solo quando il capitale industriale investito nella manifattura comincia ad avere dimensioni consistenti ed un peso economico quantitativamente rilevante, e si creano le condizioni per la nascita del mercato mondiale che accelera lo sviluppo della manifattura, si può parlare di nascita del sistema capitalistico vero e proprio. Prima c'era capitale commerciale ed usuraio, ma non c'era ancora capitalismo.

Affinché il capitale produca profitto, dovrà servirsi di uomini liberi dai vincoli feudali e dal possesso di mezzi di produzione e, dunque, per vivere che siano costretti a vendere, in cambio di un salario, l'unica merce di cui dispongono, cioè la propria forza lavoro. Questa merce è l'unica ad avere quella straordinaria capacità di produrre un valore superiore al proprio, cioè al salario percepito: questo plusvalore, che finisce nelle tasche del capitalista, rappresenta l'arcano dell'accumulazione capitalistica e degli eccezionali ritmi di sviluppo che il capitalismo riesce ad imprimere alla società umana.

Scrive Marx: "Il capitale non è soltanto potere di disporre del lavoro, come dice Adam Smith. È essenzialmente potere di disporre di lavoro non retribuito".

Il capitale commerciale ed usuraio ebbero importanza decisiva nella nascita del capitalismo perché ne rappresentarono il punto di partenza. Furono infatti coloro che disponevano di denaro (mercanti, usurai ed artigiani) che di fronte ad un mercato che chiedeva merci e in presenza di forza lavoro libera, decisero di provare a fare più soldi diventando capitalisti industriali, cioè producendo plusvalore anziché limitarsi ad appropriarsene. Loro non ne ebbero certo coscienza, ma la svolta fu epocale: essi si trasformarono da parassiti a rivoluzionari.

Il processo storico che separa i lavoratori dai mezzi di produzione, concentrando da un lato nelle mani della borghesia i mezzi di produzione (capitale) e producendo all'altro polo i nullatenenti, cioè lo strato sociale da cui usciranno i futuri salariati, rappresenta la cosiddetta accumulazione originaria.

Operai impiegati in un'industria manifatturiera
(reparto di assemblaggio condensatori radio nella fabbrica di Atwater Kent, Philadelphia, 1925)

La scoperta del plusvalore, fondamento di questa accumulazione capitalistica, rappresenta la pietra angolare della teoria di Marx: nessuno prima di lui era riuscito a spiegare il mistero della straordinaria capacità del capitale di produrre ricchezza a ritmi ed in quantità mai visti prima. Ed è proprio il plusvalore la fonte da cui sgorgano i diversi redditi delle frazioni della borghesia: profitto, rendita, interesse.


Nasce e cresce il proletariato

La comparsa del capitale industriale richiedeva una serie di condizioni, peraltro già presenti da secoli nelle formazioni economico-sociali antica e feudale: la merce, il denaro, il mercante (primo agente dell'accumulazione), l'artigiano, l'usuraio. Ma solo la disgregazione della società feudale aggiunse la condizione decisiva: il proletariato. Questa nuova classe sociale si forma nella metà del secolo XIV, in uno dei periodi di crisi più devastanti della nostra storia. In quell'epoca comincia a comparire la legislazione sul lavoro salariato, tesa a imporre riduzioni dei salari e ad obbligare i proletari a lavorare.

Non è difficile capire, a questo punto, perché sulle bandiere delle rivoluzioni borghesi campeggi la parola d'ordine della libertà: peccato che gli eredi della classe sociale che tanto ha combattuto per strappare ai signori feudali la libertà di vivere e lavorare dove meglio credeva, sia diventata classe reazionaria e oggi si impegni ad usare i propri apparati repressivi per negare la stessa libertà a milioni di migranti che sono costretti a reclamarla a costo della loro vita.

È possibile farsi un'idea dello sviluppo delle forze produttive in quei secoli confrontando le diverse conseguenze sociali e demografiche della crisi del XVII secolo con quelle del XIV, di cui abbiamo già parlato: nel XIV secolo la popolazione europea diminuì di un terzo, mentre la crisi successiva (tra peste, piccola glaciazione e Guerra dei Trent'anni) provocò semplicemente un blocco della crescita demografica. Si trattò quindi di una crisi meno dura, meno lunga e meno diffusa, ma che in ogni caso la società assorbì meglio grazie certamente al diverso sviluppo delle forze produttive.

Anche in questa difficile fase finirono con l'avvantaggiarsi soprattutto i grandi capitalisti, capaci di approfittare con i loro capitali la crisi dei piccoli produttori, rovinati dal calo dei prezzi agricoli, dalle tasse e dalla crisi dei mercati.

Anche la crisi, dunque, favorì l'estensione del capitalismo e rafforzò la borghesia, ma nel contempo moltiplicò i proletari dell'epoca, ed in primo luogo della manifattura: il peggioramento delle condizioni di salariati e di contadini provocò come conseguenza un'estensione delle loro lotte. Nel meccanismo di "produzione del proletariato" intervenne con decisione lo Stato, come dimostra l'esempio inglese: agli inizi del XVI secolo, da Enrico VII in avanti, si susseguirono infatti una serie di leggi sanguinarie contro il vagabondaggio che colpivano, spesso con la morte, coloro che, messi sulla strada dell'accumulazione originaria, non riuscivano a trovare lavoro. Uno dei momenti culminanti fu l'introduzione, nel 1597, delle workhouses, veri e propri lager del lavoro coatto gestiti dalle parrocchie e abolite nel 1834!

Le lotte delle prime generazioni di proletari erano principalmente economiche, ossia dirette innanzitutto contro la tendenza alla riduzione dei salari che caratterizzò la fase di espansione demografica del XVI secolo e degli inizi del successivo. Ma le lotte operaie venivano condotte anche contro l'introduzione delle macchine che aggravavano il problema della disoccupazione. La distruzione dei macchinari da parte di questi movimenti popolari la ritroviamo anche nei decenni successivi come, ad esempio quello di Ned Ludd, personaggio forse mai esistito, che nella seconda metà del '700 distrusse un telaio meccanico. Il luddismo ottocentesco prese proprio costui come simbolo di lotta contro i macchinari.

Si tratta di esempi indicativi dei fenomeni che stiamo cercando di illustrare: concentrazione della produzione, sviluppo della manifattura e delle macchine, sviluppo e rafforzamento della borghesia, sviluppo del proletariato e delle sue lotte.