Nel giro dei cinque anni precedenti il 1919 l'umanità era passata dall'euforia della belle époque all'angoscia della Prima Guerra Mondiale. La radio, il telefono, l'automobile, l'aereo avevano fatto sognare l'umanità, ma i sogni si erano improvvisamente ed inaspettatamente trasformati nell'incubo di un massacro d'inconcepibile violenza, senza che nessuno avesse neppure tentato di impedirlo. Tranne l'Internazionale.Allo scoppio delle ostilità i partiti socialisti riuniti nella Seconda Internazionale avevano tutti tradito le attese del proletariato: chi, come la fortissima socialdemocrazia tedesca, votando in Parlamento i crediti di guerra e chiamando i lavoratori alla difesa della patria; chi, come il Partito socialista italiano, rifiutando di opporsi al conflitto. La voce degli internazionalisti si era alzata ma era stata presto sovrastata.
Nonostante l'assillante propaganda bellica borghese, nonostante il tradimento dei capi socialisti che le avevano dato manforte, nonostante il "conforto spirituale" che i cappellani militari avevano distribuito senza risparmio tra i soldati, il rifiuto spontaneo della guerra si era espresso in un'infinità di diserzioni, di ribellioni individuali, di ammutinamenti, di fraternizzazioni tra le opposte trincee. Tribunali militari e plotoni di esecuzione, lavorando a pieno regime, non avevano però avuto eccessive difficoltà a piegare una resistenza priva di organizzazione e di obiettivi politici.
Nel terribile autunno del 1917, il quarto che milioni di uomini affrontavano in trincea, il proletariato russo aveva rovesciato il governo e come prima manifestazione del proprio potere aveva proposto a tutti i belligeranti la pace immediata. Nel momento più buio della notte europea si era accesa una luce. A questo faro di speranza guardava l'ondata rivoluzionaria che nell'inverno 1918-19 scuoteva il Vecchio continente, e che la borghesia tentava ferocemente di soffocare nel sangue.
Il governo socialdemocratico tedesco il 15 gennaio 1919 aveva arrestato e assassinato a Berlino Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, i capi internazionalisti di un tentativo insurrezionale comunista in Germania. Quando a Mosca, il 6 marzo 1919, venne fondata l'Internazionale Comunista, lo stesso avamposto rivoluzionario russo era ancora impegnato in una lotta per la vita o per la morte contro gli eserciti "bianchi" finanziati e armati dalle classi dominanti del mondo intero.
L'Internazionale Comunista è nota anche come Terza Internazionale perché altre due organizzazioni prima di essa avevano dato voce al proletariato mondiale. L'Associazione internazionale dei lavoratori (la Prima Internazionale) ebbe tra i suoi fondatori, nel 1864, Karl Marx. L'indirizzo inaugurale da lui redatto incita i lavoratori dei differenti Paesi "a stringersi con fermezza gli uni agli altri in tutte le lotte per l'emancipazione", ma va anche molto oltre questa indispensabile solidarietà internazionale di classe. La classe operaia, sostiene quel primo documento ufficiale dell'internazionalismo redatto da Marx, ha "il dovere di iniziarsi ai misteri della politica internazionale" perché la lotta rivoluzionaria necessita di una propria politica estera. "La lotta per una tale politica estera - conclude l'indirizzo - fa parte della lotta generale per l'emancipazione della classe operaia. Proletari di tutti i paesi, unitevi!". Se la chiarezza strategica non mancava, non si può dire altrettanto della forza organizzativa. Nel grandioso "assalto al cielo" tentato dal proletariato parigino nel 1871 gli "internazionalisti" non riuscirono ad essere decisivi; furono la componente della Comune di Parigi più consapevole del significato storico di quegli avvenimenti, ma non ebbero mai la forza per assumerne la direzione.
La Seconda Internazionale nacque a Parigi nel 1889, in parallelo alla grande lotta mondiale per la giornata lavorativa di otto ore oggi ricordata col Primo Maggio. Nel 1914 si presentava come una vasta organizzazione cui aderivano sostanzialmente tutti i partiti socialisti del mondo. La sua spina dorsale era la socialdemocrazia tedesca, con i sui potenti sindacati, il suo folto gruppo parlamentare, i suoi numerosi giornali frutto di decenni di sforzi organizzativi e di lotte condotte dal più numeroso e concentrato proletariato industriale d'Europa. A partire dal congresso di Stoccarda del 1907, la principale preoccupazione e il primo argomento di dibattito in seno alla Seconda Internazionale erano stati la guerra ed il modo per impedirla, o per fermarla una volta scoppiata. I mezzi per riuscirvi sembravano a portata di mano, ed infatti, nel momento della verità, non fu la forza organizzativa a mancare: tutti i partiti socialisti scelsero volontariamente, a larghissima maggioranza al proprio interno, la guerra.
Dietro il tradimento dei capi riformisti della Seconda Internazionale si nascondeva la mancanza di strategia dei rivoluzionari. Questi ultimi, pur conoscendo e combattendo le posizioni degli opportunisti, avevano accettato di convivere con essi nella speranza, rivelatasi poi vana, che l'acutizzarsi della lotta li avrebbe spazzati via. L'internazionalismo della Seconda Internazionale, soffocato da questa convivenza, aveva cessato di essere una strategia per la rivoluzione e si era ridotto a mero richiamo sentimentale. Non potevano essere i buoni sentimenti a fermare la Prima guerra mondiale imperialista.
La Terza Internazionale, l'Internazionale Comunista, è il prodotto della Rivoluzione d'Ottobre, pensata dal Partito bolscevico come rottura dell'anello debole della catena imperialista proprio in funzione della rivoluzione mondiale. Lenin aveva concepito questo progetto ardito sulla base dello studio scientifico del fenomeno dell'imperialismo, e su questo stesso studio poggiava lo strumento che ne aveva resa possibile la realizzazione. Nel Partito bolscevico il modello d'organizzazione della Socialdemocrazia tedesca è messo al servizio di una minoranza rivoluzionaria indipendente, perché Lenin aveva compreso la natura sociale del riformismo in epoca imperialistica. I dirigenti della Seconda Internazionale "tradiscono" perché riflettono l'influenza della classe dominante su quegli strati di lavoratori che la borghesia è stata in grado di corrompere con la distribuzione delle briciole dei sovrapprofitti imperialistici.
Un'organizzazione mondiale al servizio di una strategia rivoluzionaria mondiale, questo voleva essere l'Internazionale Comunista, e per alcuni anni essa lo è stata a tutti gli effetti. Essa traeva gran parte della sua forza dall'avamposto russo; quando questo fu travolto dalla controrivoluzione mondiale che aveva già stroncato la rivoluzione tedesca, anche la Terza Internazionale fu travolta. Stalin la mise al servizio degli interessi imperialistici russi, trasformandola in una sorta di succursale propagandistica del ministero degli Esteri russo fino a quando, nel pieno della Seconda guerra mondiale, per quegli stessi interessi imperialistici decise di sopprimerla.
Ma non è questo l'essenziale. Ciò che conta è che il proletariato è riuscito dove nessuna classe prima di esso era riuscita e dove la borghesia non potrà mai riuscire. Il proletariato internazionale si è organizzato in un proprio partito mondiale per la realizzazione della propria missione storica mondiale.
Nel momento in cui la parte più avanzata della classe dimostra che è possibile organizzarsi in un unico partito comunista mondiale, vi è ormai la prova storica che lo può fare tutto il proletariato e che il comunismo non è una utopia, ma l'avvenire del mondo.