Breve storia della telefonia: i fallimenti del cavo transatlantico

18/09/13

18/09/13


Prima parteseconda parteterza parte, quarta parte, quinta parte, settima parte

Come scrisse il papà dei GPS Arthur Charles Clarke, l'impresa del cavo telegrafico transatlantico è paragonabile, considerata l'epoca, al progetto Apollo dello sbarco sulla Luna nel XX secolo. Furono fatti ben cinque tentativi nell'arco di tempo di nove anni, dal 1857 al 1866.

Cyrus Field ottenne dal ministero del Tesoro inglese un sussidio per gli investitori di 14 mila sterline l'anno, ossia il 4% del capitale privato anticipato di 350 mila sterline. Non era un regalo, perché lo Stato è il garante del sistema economico capitalistico, e al governo britannico interessava il collegamento telegrafico tra Londra e Canada.

La condizione posta dal governo, che si stava facendo quindi garante dei profitti dei privati, fu quella di avere la priorità nell'invio di telegrammi. Il governo britannico e quello americano pensarono alle navi, mentre alla Glass, Elliot & Co. di Londra e alla Robert Stirling Newall di Birkenhead, entrambe costruttrici di cavi per miniere, sei mesi di tempo per la produzione di un cavo di 2500 miglia.

Tutti gli ingredienti per il cavo atlantico erano stati messi insieme: finanza americana e inglese, ingegneri e scienziati britannici, industria britannica, Marina inglese e americana, garanzia finanziaria del governo inglese.

C'era un unico grande difetto, capito in anticipo solamente da Lord Kelvin: il cavo sottomarino non si comporta come quello terrestre, e la soluzione a questo ostacolo non poteva essere trovata in modo empirico. Ci voleva una teoria fisico-matematica che interpretasse il comportamento dei segnali elettrici. Bisognava, quindi, andare oltre alla tecnologia ingegneristica soffermandosi sull'astrazione scientifica.


Superando Faraday

I primi cavi sottomarini che attraversavano la Manica rivelarono fenomeni inspiegabili: il segnale era ritardato e c'erano distorsioni. Il primo a dare una spiegazione fu Michael Faraday, secondo cui un cavo immerso in acqua conduce e immagazzina cariche elettriche, accumulazione che, appunto, provoca il ritardo nel segnale.

Ma Faraday, grande scienziato sperimentale dall'ottima intuizione, mancava di una formazione matematica. Comprese l'essenza del fenomeno ma non fu in grado di misurarlo.


Ispirato dall'interpretazione di Faraday, Lord Kelvin divise il problema in due parti: la trasmissione del segnale e l'accumulo di cariche elettriche. Applicando le equazioni differenziali dell'analisi matematica giunse alla conclusione che il ritardo del segnale non dipendeva dalla lunghezza del cavo, ma dal quadrato della stessa.

Era una scoperta scoraggiante per i promotori del cavo transatlantico, perché il ritardo rendeva non economica la trasmissione. Negli anni Cinquanta del XIX secolo, l'applicazione della matematica alla tecnologia elettrica era appena iniziata, non esisteva ancora una teoria elettromagnetica e gli ingegneri si arenarono sulle analisi di Lord Kelvin.

L'importante contributo di un errore

I promotori del cavo transatlantico decisero di procedere ugualmente e Cyrus Field nominò capo elettrico dell'impresa Edward Whitehouse (1816-1890), un medico dedito alla telegrafia. Nel 1856 Lord Kelvin venne nominato nel board dell'Atlantic Telegraph Company, ma senza potere esecutivo e senza onorario.

Faraday, Morse e Whitehouse preferivano un cavo con un conduttore di piccolo diametro, forzando il segnale con un aumento della tensione elettrica; Lord Kelvin pensava invece che fosse necessario aumentare il diametro del cavo, ridurre il segnale al minimo e migliorare gli strumenti di ricezione. Secondo Whitehouse, in base alla teoria di Lord Kelvin, il cavo avrebbe dovuto avere un diametro di almeno 50 cm, e sarebbe stato troppo pesante.

Le idee errate di Whitehouse ebbero la meglio agli occhi dei finanziatori, che garantirono così il proseguimento dei lavori.

I primi due fallimenti

Nella prima spedizione, partita a inizio agosto 1857, vennero impiegate due navi americane e cinque britanniche. Nessuna delle navi dell'epoca era in grado di trasportare un cavo di 2600 tonnellate, e così questo venne diviso in due parti uguali, caricate rispettivamente sulla US Niagara (la più grande nave da guerra del mondo) e l'altra sulla Agamemnon britannica. Il cavo era alimentato da batterie di tipo Daniell, ciascuna con celle da 1.1 volt l'una, per un totale di 500 celle.

A sinistra la britannica Agamemnon e a destra la US Niagara

Le procedure possibili erano due: nella prima soluzione la US Niagara e la Agamemnon si sarebbero mosse insieme e quando una avrebbe terminato la posa della propria metà di cavo, l'altra avrebbe proseguito con la sua metà. La seconda soluzione prevedeva un punto di partenza a metà Oceano in cui unire le estremità dei due cavi in modo che le due navi procedessero poi in direzione opposta.

Venne scelta la prima opzione, solo che la tensione di trazione del cavo a 4 mila metri di profondità era di 2.5 tonnellate e, nonostante la robusta armatura di acciaio ricoprisse il cavo di rame, questo si ruppe dopo 300 miglia di navigazione.

La seconda spedizione avvenne l'anno dopo e si decise di partire dalla metà dell'Atlantico. Il 25 giugno 1858 la Agamemnon e la US Niagara si incontrarono, le due estremità del cavo vennero saldate e poi le navi si mossero ognuna verso una costa. Anche questa volta, dopo 200 miglia, il cavo si ruppe.


Il terzo fallimento

In seguito al secondo insuccesso, una parte del board della Atlantic Telegraph Company si dimise giudicando impossibile l'impresa. Grazie alla determinazione di Cyrus Field e al supporto del governo britannico si fece un terzo tentativo.

Il 29 luglio 1858 le due navi si ritrovarono ancora in mezzo all'Atlantico e il 5 agosto attraccarono una, l'Agamemnon, al porto di Valencia in Irlanda e l'altra, la US Niagara, a Trinity Bay, Terranova. Il cavo era stato finalmente posato senza incidenti, a parte uno scontro tra la Agamemnon e una balena che stava rischiando di portare l'ennesimo fallimento.

All'entusiasmo dell'impresa si sostituì presto lo sconforto, perché per trasmettere il messaggio di congratulazioni di 98 parole della regina di Inghilterra al presidente americano James Buchanan, vennero impiegate 16 ore e mezza. La trasmissione della risposta di 149 parole richiese 10 ore. Troppo tempo.

La realtà stava confermando l'analisi matematica di Lord Kelvin. In un mese vennero inviati solamente 400 messaggi: era un disastro economico. Dopo un mese il segnale si interruppe perché Whitehouse, pensando di ridurre il tempo di trasmissione, mise fuori uso il cavo alzando la tensione a 2 mila volt.