Le elezioni miliardarie di Obama - Parte I

02/08/09

02/08/09


Parte seconda, parte terza, parte quarta, parte quinta, parte sesta

"La speranza è l'ultima a morire", dice un noto proverbio; ad un naufrago alla deriva non rimane che ingenuamente sperare in un destino migliore (abbandonando quindi la lotta). Dal 2008 i partiti di sinistra, particolarmente quelli italiani in balia delle onde dell'opportunismo dopo la Seconda Guerra Mondiale e l'implosione dell'URSS con il crollo del mito del (falso) socialismo, sperano. E sperano, in buona compagnia, in Barack Obama, una sorta di Messia moderno. In questa visione messianica verso Obama troviamo l'incarnazione di tre elementi principali: la convinzione della supremazia della volontà politica individuale rispetto alle forze del movimento reale; la mancanza di una linea politica ben definita e di un leader carismatico da parte della sinistra; l'idea che Obama sia pacifista e rappresenti gli interessi dei lavoratori e dei poveri ed abbia riguardo della natura.


L'uomo

Barack Obama è afroamericano, non discende dagli schiavi (il padre kenyota si trasferì in USA per studio e lo abbandonò a due anni), appartiene al Partito Democratico ed è il primo uomo nero ad avere un consistente supporto dei bianchi (ricchi). Nel suo libro The audacity of hope analizza il movimento dei diritti civili sorto negli anni Sessanta. In linea con la retorica di Ronald Reagan ("Yes, we can" lo si trova nel suo discorso alla Convenzione repubblicana del 1980), pur essendo stato avvantaggiato del movimento dei diritti civili in quanto afroamericano, Obama vede oggi la necessità del superamento di quelle rivendicazioni, mantenendone però i risultati. I suoi slogan "we can" e "change" hanno sapore di nuovo, ma un retrogusto che riporta al pragmatismo tradizionalista delle "vecchie volpi" di Washington (lui così definisce i senatori anziani del Congresso).


Il sogno americano

Nel suo discorso del 2004 alla Convention democratica disse: «Non c'è un'America nera, un'America bianca, un'America latina, un'America asiatica: ci sono gli Stati Uniti d'America». Barack Obama è, ovviamente, un nazionalista. Non ai livelli del suo avversario McCain che fa parte dell'establishment della Marina, ma ha una forte visione patriottica e vuole la realizzazione del sogno americano (ritroviamo questa visione in un altro suo libro, Dreams of my father, in cui dichiara anche di aver fatto uso di cocaina e marijuana da giovane). Mentre Barack Obama si rifà alla realizzazione del sogno americano, McCain si richiama ad un'altra tradizione americana, egualmente forte: la cosiddetta tradizione jacksoniana della democrazia del popolo in armi dei coloni americani. La guerra è un'esperienza comune a tutte le generazioni di americani, difatti, alla guerra di indipendenza (1775-1783) seguirono queste maggiori:
  • contro gli indiani (1783-1890)
  • contro la Gran Bretagna (1812-1815)
  • contro il Messico (1846-1848)
  • guerra civile (1861-1865)
  • contro la Spagna (1898)
  • guerra delle Filippine (1899-1901)
  • Prima Guerra Mondiale (1917-1918)
  • Seconda Guerra Mondiale (1941-1945)
  • guerra di Korea (1950-1953)
  • del Vietnam (1964-1975)
  • seconda guerra del Golfo (1991)
Oggi gli USA sono in guerra in Iraq e Afghanistan.